Il primo intervento del Fazzi, è lui il vero “malato”

9 Luglio 2022 Il primo intervento del Fazzi, è lui il vero “malato”

Il mio intervento sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 9 luglio 2022:ù

Se la salute di un ospedale si giudica dal suo pronto soccorso, il Vito Fazzi di Lecce è un malato grave. Disservizi, caos generale, attese estenuanti e disorganizzazione sono all’ordine del giorno, e diventano spesso casi di cronaca. Da consigliere regionale mi trovo a raccogliere continue segnalazioni di cittadini indignati, maltrattati, sfiancati da un’assistenza sanitaria che non funziona. Ho constatato di persona le criticità del pronto soccorso del Fazzi, nel sopralluogo compiuto a febbraio scorso con il collega Pier Luigi Lopalco: una disorganizzazione ed una precarietà a cui non si è messo riparo, nonostante gli impegni e le promesse assunti dal direttore generale dell’Asl di Lecce, Rodolfo Rollo, e dall’assessore Rocco Palese in Commissione Sanità, nell’audizione tenuta ad aprile scorso su mia richiesta.
La fila di ambulanze in attesa di un medico che visiti e prenda in carico i pazienti trasportati è l’immagine più plastica di una carenza di personale gravissima, che non può essere colmata con l’abnegazione del personale medico e paramedico su cui spesso si scarica il malcontento e la rabbia degli utenti, perché è quello che ci mette la faccia, il cuore e la professionalità, a volte rimettendoci anche la salute perché lo stress è un macigno troppo grande da sopportare. Questo stato di esaurimento psicofisico è stato denunciato sia dal responsabile del pronto soccorso, il dottor Silvano Fracella, sia da uno dei medici in servizio, il dottor Agostino Ciucci. Dichiarazioni che sono costate la minaccia di provvedimenti disciplinari. Contro Fracella si è scatenato l’anatema dell’assessore Palese, con il diktat di non parlare con la stampa senz’autorizzazione. Ciucci ha prospettato un’ipotesi choc: le dimissioni in massa dei medici del pronto soccorso. Quei pochi rimasti, costretti a tirare una carretta sempre più sgangherata che perde pezzi. Sedici i medici che hanno dato forfait, rinunciando all’incarico al pronto soccorso e scegliendo altre strade, anche a seguito della mancata stabilizzazione. Un problema che sollevai già a dicembre 2020 con un’interrogazione urgente, paventando il rischio collasso del sistema dell’emergenza-urgenza. Cosa che purtroppo è avvenuta.
Nel sopralluogo di cinque mesi fa mettemmo a nudo una situazione di caos grave: penuria di medici, infermieri e oss; pazienti anziani e fragili parcheggiati in barella o in sedia a rotelle per giorni in mancanza di un posto letto; ambulanze in attesa per ore prima della presa in carico dei pazienti trasportati. E chiedemmo interventi urgenti per uscire da questo tunnel. Nell’audizione dell’11 aprile furono presi impegni precisi per un’immediata riorganizzazione del pronto soccorso, fu annunciata una ridistribuzione del personale e furono promessi più posti letto di lungodegenza. Nulla di tutto questo è stato fatto, e l’inerzia ha fatto precipitare una situazione già critica. Ora si rischia il blocco dell’avamposto del più grande ospedale della provincia di Lecce, per di più durante la stagione estiva quando gli accessi al pronto soccorso aumentano per la presenza di turisti e villeggianti. Uno scenario drammatico, da scongiurare con interventi immediati, quelli che abbiamo indicato Già a febbraio scorso e che sono rimasti sulla carta. Non si può fare la guerra senza soldati, e bisogna dare respiro a quelli già in trincea, assediati dalla mole di lavoro, dall’assenza di privacy, dai parenti che pressano per avere notizie sulle condizioni dei propri cari, dalla penuria di risorse anche strumentali come le barelle. In assenza di posti letto nei reparti della rete ospedaliera insufficiente, il pronto soccorso diventa esso stesso un reparto, con gli operatori divisi tra le cure da prestare ai pazienti fragili, anziani e malati cronici, e l’assistenza d’urgenza da assicurare ai nuovi casi, che affluiscono senza interruzione e spesso senza filtro. I ritardi e la confusione sono causati da questo mix di codici e bisogni, conseguenza dell’inappropriatezza del 70% degli accessi.
Ma la prima malattia del Fazzi si chiama sottorganico: due-tre medici per turno (quando va bene) a dover governare i bisogni di cura che si riversano sul pronto soccorso e non danno respiro, in un collo di bottiglia sempre più stretto dove solo una minoranza degli accessi è davvero un’emergenza, mentre tutti gli altri potrebbero essere risolti dai medici di medicina generale o dall’attività ambulatoriale. Ed ecco che affiora un altro nervo scoperto del nostro sistema sanitario: la medicina territoriale sempre più sguarnita, ridotta ai minimi termini.
C’è poi un’altra considerazione da fare: se i medici fuggono dal pronto soccorso e dalla medicina di trincea, è per il peso della fatica e dei rischi, per la pessima qualità del lavoro non compensati da alcun incentivo, anche economico. Per essere in prima linea non basta la preparazione tecnica, serve l’attitudine alla calma e la capacità di governare lo stress costante, e serve motivazione. Il pronto soccorso è una porta aperta dove non si sa mai cosa arriverà. Per garantire ai pazienti prestazioni diagnostiche e di cura appropriate, rapide e sicure, c’è da ricostruire un sistema che è franato per la progressiva perdita di pezzi mai rimpiazzati, un muro crollato sotto il peso dell’abbandono e dell’incuria. Ma è inaccettabile che, per arrivare ad essere visitati e curati nel pronto soccorso del Vito Fazzi di Lecce, i pazienti debbano essere sottoposti ad una logorante corsa ad ostacoli, a lunghe attese e incertezze, fuori e dentro l’ospedale.