Il salento e il mio gruppo legati allo stesso destino.

9 Settembre 1998 Il salento e il mio gruppo legati allo stesso destino.

In poltrona con Paolo Pagliaro

Capo assoluto di un gruppo attivo, giovane, effervescente che ha in Telerama la punta di diamante, Paolo Pagliaro incarna l’imprenditore che ha sfidato se stesso a rimanere in questa terra ostile che rende difficile il successo, specialmente dei giovani. La sua biografia è quella di un ragazzo normale che ama la musica e che, crescendo, capisce che l’hobby può diventare professione. E business. Oggi Mixer Media Management vuol dire cinque radio di successo, una tv, un’agenzia di moda e di spettacoli, una discoteca cult e un’agenzia pubblicitaria: il vero polmone finanziario di tutto questo piccolo impero.
Pochi uomini ho conosciuto degni di essere definiti, come Paolo Pagliaro, self made man. In tanti altri casi c’è stato un cognome importante o un fortunato incontro a determinare il successo di una persona, ma la biografia del mio ospite di questa settimana è una esemplare storia contemporanea di un giovane che punta, per salire nella scala sociale di una sia pur piccola comunità come quella leccese, sulle proprie energie senza dover ringraziare nessuno. Pagliaro, che io conosco molto bene per le ragioni che spiegherò fra un momento, dà corpo e sostanza all’imprenditore quarantenne del duemila che ha conosciuto tutti i segreti e i fallimenti degli altri, si è fatto un’esperienza diretta per evitare i trabocchetti del potere, si autoreferenzia potendo contare sulle proprie forze (sono inversamente proporzionali a quelle altrui) accettando e dettando condizioni, usando e facendosi usare, perennemente immerso, ormai, in quel brodo di cottura terribile e affascinante che è la potenza della comunicazione. Paolo Pagliaro, 38 anni, padre di due splendidi figli (Pierpaolo, 13 anni e Francesco,8), è l’editore della più importante azienda editoriale radiotelevisiva del Salento e, conti alla mano, uno dei più grossi dell’intera regione pugliese: il Gruppo Mixer Media Management che ha in Telerama la punta di lancia più penetrante e che accorpa anche altre attività: cinque radio, un paio di aziende di comunicazione, moda e spettacoli, nonché la discoteca estiva più bella del Salento, Il “Malè” e, naturalmente, la concessionaria di pubblicità che è il vero e proprio polmone finanziario. E qui apro una breve parentesi personale, avendo io avuto un ruolo determinante nella nascita dell’informazione di questa emittente, il cui primo telegiornale andò in onda esattamente l’8 dicembre 1991. Solo un mese prima ci eravamo incontrati per trattare il mio ingresso in Telerama come direttore responsabile: lui, imprenditore poco più che trentenne pieno di belle speranze ma anche di idee forti e chiare, ed io, vecchio professionista della carta stampata, deluso e piuttosto incazzato per il malomodo con cui avevo lasciato il Quotidiano, dopo aver contribuito a farlo nascere 12 anni prima. I rispettivi percorsi non erano facili da “leggere”, ma la stazione d’arrivo era molto evidente, seppur lontana. Così guidandoci l’uno con l’altro, lavorando come raramente ci era capitato, litigando anche (una volta ci siamo spediti le carte bollate), inventando programmi come Teorema e Piazza Giallorossa, questa strana coppia riuscì a far nascere la più professionale televisione privata del Salento che, da ultima nata, divenne la prima in assoluto in capo a due anni. Dopo Telerama ho voluto tentare a strada dell’editoria in proprio, facendo questo Settimanale, ma il mio cuore è rimasto in quella redazione angusta, in quegli esigui metri quadrati dello studio. E confesso, onestamente, un’altra cosa: di aver imparato da lui tutti i rudimenti del mestiere dell’editore, il rapporto con gli inserzionisti, come affrontare le difficoltà del “mercato”. Per tutte queste e tante altre ragioni di coinvolgimento personale ci ho messo più di quattro anni a invitare “in Poltrona” Paolo Pagliaro, ben consapevole del fatto che di molte domande conoscevo le risposte prima che egli aprisse bocca; così come, da intervistatore, sapevo che ben difficilmente lo avrei “sorpreso”. E anche quando gli ho telefonato ho dovuto faticare perché accettasse l’intervista, a causa del suo carattere riservato e schivo. Ma c’è stata un’altra ragione, più inconsapevole, per questo “ritardo”. Prima d’ora questa intervista avrebbe dovuto apparire agli occhi di qualche osservatore leccese un fatto di normale familiarità, un giochetto di reciproci favori. Invece no. Oggi è un atto dovuto, oggettivo, verso un uomo che rappresenta un punto di riferimento imprescindibile se si vuol parlare di editoria, di comunicazione, di eventi e di crescita culturale del Salento. Ecco perché vorrei far conoscere ai miei lettori Paolo Pagliaro attraverso qualche cenno di biografia minuta, prima di circumnavigare il personaggio sulla sua rotta attuale.

In principio fu la radio, vero?
No, fu la musica, la mia grande passione per il contrabbasso che studiai per alcuni anni al conservatorio e che suonai con alcuni gruppi di coetanei: avevo 14 o 15 anni. Il cantautore Franco Simone per un po’ di tempo si avvalse della formazione in cui suonavo anche io e del quale faceva parte Maurizio Dei Lazzaretti che è oggi considerato uno dei batteristi più bravi in circolazione, avendo suonato con i maggiori cantanti in ogni parte del mondo. Ancora adesso leggicchio la musica e, in rare occasioni, strimpello il mio basso elettrico con gli amici. La folgorazione verso il mondo affascinante della radio scatta nel 1976, per un programma che si chiamava “Superezio”, condotto da Ezio Candido, l’attuale team manager del Lecce Calcio, su Radio Nice International. E’ il periodo in cui divoro programmi su programmi, sento che quello sarà il mio mondo, anche se non so ancora come. Così mi proposi a Radiosalento, al mitico e compianto Fulvio Monaco, dove fui accettato come autore dei testi: credo che fosse il primo caso di radio privata in Italia dove c’era una figura professionale esclusivamente deputata a scrivere i testi. Così imparai a curare le scalette musicali e, via via, l’organizzazione dei palinsesti. Ma mi divertivo anche tantissimo. Rimane per me una delle esperienze indimenticabili, forse quella che più mi è rimasta nel cuore.

Quando pensasti a metterti in proprio?
Ho sempre avuto il pallino dell’intrapresa. Se vuoi non ben definito, non indirizzato su questo o quell’obiettivo, ma mi sono sempre ritenuto capace di fare l’imprenditore. Inoltre, volevo fortemente restare nella mia terra, rendermi utile al Salento e non fare le valigie per cercare fortuna altrove. Dopo il diploma non volli iscrivermi all’università, come mio fratello Dino che oggi è un medico molto affermato. Mi cercai un lavoro che, pur non gratificandomi molto, era la Sip, mi consentì di affrancarmi dalla famiglia. Lavoravo ma pensavo che quello non sarebbe stato certamente il mio destino, era una fissazione. Da lì a qualche tempo, infatti, a costo di grandi sacrifici e di risparmi forsennati, rilevai Radio Rama, facendo leva anche sulle risorse finanziarie della raccolta pubblicitaria, un mestiere nuovo che avevo imparato in fretta.

In questi anni incontri Max Persano, l’amico inseparabile che diventerà poi il tuo unico alter ego.
Sì. Per la verità quando si presentò non fece una grande impressione a nessuno; ritenemmo che non andava bene per il tipo di programmazione che avevamo impostato per Radio Rama, piuttosto impegnata. Successivamente ci frequentammo e capii che aveva delle potenzialità straordinarie, la più importante delle quali, che conserva tuttora, era di stare sempre avanti agli altri nell’individuare una tendenza musicale o un flop. Gli affidai un programma di avanguardia musicale, e sfondò. Così iniziai a far conoscere anche le sue altre doti, come il saper gestire con serenità e senso dell’attaccamento al lavoro ogni situazione. Max vive il lavoro come una missione ed ha il dono straordinario di saper mettere sempre tutto a posto, non lascia mai un filo appeso. Dunque Radio Rama è il primo alberello. Iniziamo ad allargare l’area diffusionale, dalla sola città di Lecce a tutto il Salento e poi alle province di Brindisi e Taranto. Infine Bari. Ricordo ancora oggi con grande emozione quando riuscimmo a sistemare un nostro ripetitore nel capoluogo pugliese. In pochissimi anni, andando sempre avanti fino al 1989, diventammo la seconda radio privata pugliese, subito alle spalle della corazzata Radio Norba, scavalcando emittenti di grande prestigio e di tradizione pluridecennale.

A questo punto Radio Rama ti sta stretta …
Non è così semplice. Nel raccontare velocemente la parabola della mia vita imprenditoriale si potrebbe avere l’impressione che tutto è stato facile. Invece ogni segmento di audience, ogni successo, ogni incremento di fatturato nasconde fatiche inenarrabili, lunghe notti insonni, chilometri a migliaia, delusioni e sofferenze. Radio Rama è stata la mia casa in questi anni e ogni progetto di sviluppo è passato da lì. Nel pieno dell’evoluzione, dunque, con un altro socio acquisisco Radio Salento, un’emittente storica di Lecce, la più amata, che era posseduta da un personaggio illustre di questa città: Giovanni Semeraro. Il quale si era anche disfatto di Tele Salento, cedendo le frequenze a Mondatori. Contemporaneamente nasce Jet Radio, che punta fin dal primo istante ad un target colto e raffinato. Nella mia testa il progetto di allargamento dell’offerta radiofonica era possibile in forza della crescita della concessionaria di pubblicità, vero e proprio motore del piccolo Gruppo che stava nascendo. I nostri venditori, in altre parole, avevano un ventaglio di offerte molto diversificate. Con questa filosofia di fondo sboccia la televisione.

Qual è la data di nascita di Telerama?
Esattamente il primo maggio 1989, in extremis sui tempi della Legge Mammì. Iniziammo questa avventura con molta umiltà, pochissimi mezzi ma sapendo di avere le spalle coperte dalla nostra concessionaria di pubblicità. C’era anche una ragione strategica per cui decidemmo di fare il grande salto: completare, nel Salento, il cerchio della comunicazione via etere. Se con le radio la nostra provincia era sempre stata all’avanguardia, sia sotto l’aspetto della qualità che sotto quello della managerialità, ritenevamo che, in fatto di tv locale, Lecce meritasse qualcosa di più che non la sola Telelecce Barbano. Quanto meno per ragioni di pluralismo di voci. Puntammo anche per Telerama sulla qualità, sull’attenzione ai dettagli. Non avevo fretta di imporre nulla ma ci tenevo a far sapere che, con modestia ma con idee chiare, sul mercato televisivo s’eravamo anche noi.

Quanto tempo durò il rodaggio?
Un paio d’anni durante i quali iniziammo progressivamente a farci conoscere per la qualità dei nostri film, per qualche rubrica e, soprattutto, per l’accuratezza della nostra proposta pubblicitaria. Ma il grande passo, quello dell’informazione quotidiana avvenne alla fine del ’91, come ben sai perché fosti tu il formatore della nostra redazione e il primo direttore della nuova testata giornalistica. Questo passo diede la svolta definitiva al profilo editoriale del Gruppo, creando un assetto sempre più solido nell’organizzazione delle varie sezioni, dalla moda allo spettacolo, dalla discoteca all’immagine per conto terzi. Sia pure con grandi difficoltà la strada intrapresa non l’avrei lasciata più, di questo ne fui certo. La riprova avvenne un paio d’anni dopo quando le nostre strade si divisero e tu fondasti il tuo settimanale. Andammo avanti da soli per quasi un anno e mezzo.

Fino alla direzione Faivre.
Sì. Domenico conferma la nostra linea editoriale, che è quella di affidare la direzione a giornalisti autorevoli. Abbiamo avuto a incontrare professionisti di grande qualità che hanno contribuito, ciascuno con la propria esperienza e il proprio stile, a far crescere complessivamente il prestigio dell’informazione di Telerama. Appena Faivre lascia la responsabilità della redazione leccese della Gazzetta viene a dirigere il nostro telegiornale, immette forze fresche, allarga il palinsesto dando più spazio alla provincia, riprende la buona tradizione degli editoriali che costituivano momenti di vero e proprio dibattito nei palazzi della politica. Grande rispetto per tutti, equilibrio ed equidistanza per ciascuno: insomma la linea iniziata con te, rafforzata con Faivre e proseguita da Max Persano che è oggi il direttore responsabile delle News. La prematura e dolorosa scomparsa di Domenico ha lasciato un profondo vuoto in tutti noi e un incolmabile rimpianto personale: riusciva sempre a creare momenti di riflessione, specialmente in me che avevo un’esperienza editoriale ancora limitata. Il suo insegnamento più importante è stato una presa di distanze, un disincanto da questa città, che pure lui amava moltissimo.

Parliamo ancora un po’ della linea editoriale. Sono stato sotto pressione e so cosa significa, ma la gran parte dei miei lettori ignora le difficoltà giornaliere per ottenere un prodotto informativo dignitoso e, quel che più conta, libero.
Non è stato facile imporre un posizionamento editoriale veramente equidistante dalle centrali del potere, che qui da noi è essenzialmente il potere politico. Fin dai tuoi tempi, poi con Faivre ed anche oggi, siamo criticati per essere di volta in volta troppo a destra o troppo a sinistra, a seconda che un certo servizio giornalistico sia dispiaciuto alla sinistra o alla destra. Ho chiesto ai direttori e alla redazione sempre moderazione e rispetto, ma anche fermezza, rigore e obiettività, e devo dire che i risultati mi hanno dato ragione se è vero come è vero che il nostro telegiornale è sicuramente il più seguito e le nostre trasmissioni serali di approfondimento quelle di maggior successo.

Accennavi prima alle molteplici attività del Gruppo Mixer Media Management che presiedi. Parliamo dell’ulteriore sviluppo impresso al settore radiofonico negli ultimi due anni e all’altro fiore all’occhiello della tua azienda, Model Studio che, specialmente nell’estate ’98, ha realizzato alcuni eventi memorabili.
Beh la radio è sempre stato il primo amore, mio e di Max. Qui abbiamo avuto le prime grandi soddisfazioni professionali e qui si è consolidata la maggiore esperienza. Logico quindi che ogni idea di sviluppo tenesse conto di questo patrimonio. Sempre nell’ottica pubblicitaria, ricordiamolo, di un’offerta ulteriore al nostro portafoglio clienti ancor più vasto ed esigente Così, nel 1996, è nata Radio Caribe: solo musica latinoamericana, con uno stile innovativo molto particolare, una serie di attività collegate che hanno avuto immediata presa sul pubblico. Sull’onda del successo di Radio Caribe abbiamo aperto una seconda pista da ballo al Malè, primi in assoluto in Italia, destinata a questo genere di musica. E, sempre legato a questo filone fortunato, abbiamo messo in piedi il primo Festival Latinoamericano che lo scorso anno si è svolto a Gallipoli e quest’anno a Otranto. Appena pochi mesi fa ha visto la luce Radio Manbassa, un’emittente concepita e fatta nascere in laboratorio, dopo una ricerca accuratissima del marketing, dei gusti, delle esigenze dei giovani d’oggi: una radio dinamicissima, molto d’impatto, d’immagine che si fa soprattutto all’esterno, con il Manbassa Tour che portiamo in giro per la Puglia. Qui a Lecce, in piazza Mazzini, abbiamo avuto ottomila presenze il 27 agosto, stesso successo in provincia di Taranto e di Bari. I nostri Dj portano avanti il nostro marchio con grande professionalità e i nostri ascoltatori crescono continuamente, aiutati anche dall’opportunità di “vedere” la radio, grazie al programma “Manbassa TV” che va in onda non solo su Telerama, ma anche slle altre emittenti del Consorzio “Top TV Puglia”, di cui sono il presidente e che è rappresentato dalle sei televisioni più viste in Puglia. E per il momento mi fermo qui.

Non mi hai parlato di Model Studio, Paolo …
E’ difficile star dentro ai tempi della carta stampata. Preferisco quelli televisivi! Stavamo trascurando infatti Model Studio che è l’agenzia che si occupa di moda ed è diventata la prima in Puglia, e forse nel sud intero, per la capacità di realizzare eventi. Quest’anno abbiamo toccato il diapason con la sfilata di Otranto che è stata trasmessa da Italia Uno il 7 agosto. Ho poi saputo che le stesse televisioni internazionali che hanno acquistato i diritti di trasmissione della sfilata di Piazza di Spagna hanno preso anche la nostra “Notte della Moda” di Otranto, che quindi è stata vista in Spagna, Giappone, Svizzera, Paraguay, Canada, Brasile, Portogallo. Insomma, in tutto 18 Paesi. E, se mi permetti l’immodestia, mi piace pensare che grazie al nostro Gruppo l’immagine di Lecce e del Salento sono andati in giro per il mondo. Nel ’99 proporremo agli stilisti il Barocco leccese, così da organizzare ogni anno la sfilata di un grande della Moda che presenterà i suoi modelli ispirati a Lecce. L’incasso lo devolveremo per il recupero d un monumento della nostra città.

Chi ti aiuta in tutto questo lavoro?
Oltre a Max Persano, il quale però ormai si dedica soltanto all’informazione televisiva, il più grande aiuto morale lo ricevo da Jacqueline Adames, la mia compagna da molti anni che sostiene i ritmi della mia vita, che mi ha introdotto nel mondo della moda e mi ha trasferito l’amore per la cultura e la musica latinoamericana. Sono molto legata a questa donna. Vi sono poi altri miei collaboratori, persone che stanno con me da molti anni come Titti Carratù, Anna Rita Pittini, Giovanni Rizzo, Giovanni Agrimi, Antonio Bruno, Bianca Passatelli, Antonio Galloso, Giuseppe Pinto, Pino Fasanelli e tanti altri che non c’è lo spazio di nominare.Il nostro è un lavoro di gruppo, anzi siamo una squadra giovane e affiatata che ama questo lavoro e condivide il progetto complessivo che lo sottintende.

Parliamo un momento di questo progetto.
Io credo che un imprenditore che si impegna nel settore dell’editoria e della comunicazione debba comprendere la responsabilità di entrare in tutte le case. A questo aggiungo una mia convinzione forte, per la quale ho lavorato in questi anni e che resta una stella polare dei miei comportamenti: io penso che il ruolo di un Gruppo come il nostro sia strategicamente centrale per la crescita complessiva del territorio in cui opera, sotto il punto di vista sociale, culturale, civile e principalmente economico essendo un trait d’union tra le istituzioni e i cittadini, i consumatori e le aziende, le fonti d’informazione e gli utenti. Tutto questo è democrazia e sviluppo. Ma il discorso ha anche un’altra faccia. Le aziende e le istituzioni debbono fare la loro parte e comprendere l’importanza della comunicazione come risorsa attiva del territorio. Solo così si raggiunge un’armonia di intenti.

Quali i punti forti della programmazione ‘98/’99 di Telerama?
Innanzitutto un nuovo telegiornale che andrà in onda il 14 settembre (l’intervista è del 9 settembre scorso, ndr): nuova scenografia, più immagini, un linguaggio più svelto. Abbiamo acquisito, investendo molto denaro, un nuovo sistema digitale che ci garantirà il top tecnico sia in alta frequenza, come qualità delle immagini che si ricevono a casa, sia qui nella nostra organizzazione produttiva. Poi abbiamo la possibilità, finalmente, di avere uno spazio adeguato per le trasmissioni di approfondimento del tipo talk show. Premesso che, comunque, Telerama è una delle televisioni in Italia con la più alta produzione in assoluto, abbiamo raggiunto un accordo per l’utilizzo della Sala conferenze del Centro direzionale del Consorzio Sisri, che ci permetterà di ospitare il pubblico. Cureremo in modo particolare le scenografie, l’uso delle postazioni fisse, le luci: insomma, vorrei che il telespettatore non cogliesse differenze, cambiando canale, fra Telerama e le maggiori televisioni. Quanto alla sostanza, ci affideremo a programmi collaudati. Dovremmo andare a regime con tutto il nuovo palinsesto entro la fine di ottobre.

Quale domanda non ti ho fatto, Paolo Pagliaro?
Non ho parlato dei leccesi. E qui mi permetto di citare una tua definizione storica che mi trova d’accordo da sempre: il leccese non gareggia per vincere ma per fottere l’avversario. Lecce preferisce gli altri ai propri talenti, è esterofila e non si rende conto che qui ci sono professionalità eccezionali che ci invidiano ovunque. Ma io sono un ottimista, un razionale che ha grande volontà e grande fiducia nelle risorse di questa terra. Io ho rischiato il mio tempo e il mio denaro, ma l’ho fatto consapevolmente, con tenacia. Vorrei che il mio esempio fosse un modesto riferimento per i giovani che temono di non potercela fare e che guardano alla fuga come la sola risorsa. E’ vero non è facile, manca un coordinamento delle idee, un organismo che sappia raccordare e organizzare le mille risorse distribuite in questo bellissimo lembo d’Italia.
Ma guai a mollare.

di Adolfo Maffei

9 settembre 1998