Paolo Pagliaro il Signore dell’Editoria

10 Ottobre 2003 Paolo Pagliaro il Signore dell’Editoria

espresso_sud

Qualche mese fa Libero, il quotidiano di Vittorio Feltri, gli ha fatto uno di quei “ritratti” che si fanno di solito ai grandi protagonisti della vita nazionale, Politica, economica e culturale. Quasi tre quarti di pagina. Uno spazio enorme per chi non figura nella lista di quelli che “contano”, nella bacheca dei personaggi di talento e successo. Così, quasi senza volerlo, Paolo Pagliaro, fondatore e presidente del Gruppo Mixer Media Management, è balzato agli onori della cronaca nazionale per le sue capacità di imprenditore e per la sua raffinatezza nel navigare nel mare magnum della comunicazione radiotelevisiva. Ne è venuto fuori, da quel “ritratto”, una specie di Berlusca di casa nostra, uno che ha cominciato dal nulla e che, con pazienza e sacrifici, ha saputo creare un piccolo impero. Per carità, nulla a che fare con il gigante di Cologno Monzese, con i mille affari del Cavaliere e con gli impressionanti mezzi economici dell’uomo di Arcore. Però, se ci fermiamo a guardare nell’orto di casa nostra, le analogie (sia pure su scala ridotta) con le imprese del premier vi sono tutte.

Le differenze tra una situazione e l’altra, se vogliamo, dipendono anche dalle condizioni ambientali e dai contesti economico-finanziari dei luoghi in cui i due protagonisti di questi “miracoli” si sono trovati ad operare. Berlusconi – e in periodi storici anche facili per fare impresa – nella città più industrializzata d’Italia e al centro di quasi tutti gli interessi economici europei; Pagliaro – e senza gli appoggi della grande finanza – nell’estrema periferia dove ancora oggi si viaggia su un binario unico e dove nessuno dei vecchi signorotti con le tasche piene di soldi è stato nemmeno sfiorato dall’idea di tuffarsi in qualche operazione editoriale.

Paolo Pagliaro, giovanotto con la passione per la musica, iniziò la sua avventura sfociata poi nella creazione di un Gruppo di tutto rispetto che raggruppa due televisioni, cinque radio e alcune società di servzii senza avere nemmeno un libretto di risparmio donatogli in occasione della sua prima comunione. E qui c’è la prima delle analogie col Cavaliere, che se ne andava a cantare sulle navi da crociera per raggranellare qualche baiocco.
L’obiettivo di Pagliaro, forse l’unico a quei tempi, era quello di possedere una radio per trasmettere musica, per diffondere nelle case dei leccesi alle prese con mille problemi le melodie più in voga. Ma poi, si sa, l’appetito vien mangiando, e Pagliaro, dopo aver collezionato un altro paio di radio, iniziò a guardare un po’ più lontano, cominciò a fantasticare sulla possibilità – così come aveva fatto per primo l’indimenticabile Adriano Barbano – di avviare un’emittente televisiva. La sua strada, ormai, si era ben delineata.

Dipendeva soltanto da lui consolidare o meno un’azienda che, dopo Telenorba, aveva tutti i requisiti per conquistare il mercato e diventare, in fatto di informazione radiotelevisiva, il punto di riferimento principale per le popolazioni di Lecce e del Salento. E così è stato, perché Paolo Pagliaro aveva mostrato sin da subito di possedere la stoffa dell’editore di razza, disegnando le strategie e inculcando in ognuno dei suoi collaboratori la difficile arte di filtrare le notizie, di equilibrare i palinsesti e di affidarsi più alla realtà dei fatti che alle opinioni personali, più a ciò che l’occhio della telecamera riesce a vedere anziché rifugiarsi nella variopinta galleria dell’immaginazione.

Il fiuto e l’intelligenza gli hanno dato ragione. Anche se molti hanno tentato (invano) di mettergli il bastone fra le ruote. Gelosie. Invidie. Vendette politiche. Qualcuno ha provato anche a metterlo in ginocchio portandogli via qualche collaboratore di qualità, ma non aveva fatto i conti con la proverbiale tenacia e le capacità organizzative di Pagliaro (altra analogia col Cavaliere!).

Sta di fatto, insomma, che pian piano Lecce e il Salento hanno dovuto prendere coscienza di una realtà informativa che va al di là di ogni più rosea aspettativa e che Pagliaro è diventato, contro qualsiasi previsione dei cavalieri di sventura, un editore con la “e” maiuscola, un grande professionista dell’informazione che ora, tanto per completare il quadro (terza analogia con l’uomo di Arcore), si è tuffato anche nella carta stampata, divenendo socio di riferimento di un settimanale che si pubblica a Lecce. Certo, non è mai facile avventurarsi in operazioni editoriali senza le dovute garanzie economiche e di supporto pubblicitario, e lo è ancora meno quando si opera in una periferia che è lontana mille miglia dai centri di potere politico ed economico. Però, a volte, basta un pizzico di entusiasmo in più per rendere possibile ciò che sembra impossibile, basta tenere vivo l’amore per la propria terra, basta sentirsi partecipi del destino di ognuno per rimboccarsi le maniche e mettere a frutto le proprie energie, le risorse umane che si hanno intorno. E guardare – se si è capaci – ai bisogni dei più deboli, alle necessità di chi è stato meno fortunato.

Bè, Paolo Pagliaro, il Signore dell’editoria salentina, tutto questo l’ha fatto. In silenzio, con umiltà, anche. Si è guardato intorno e ha capito che bisognava dar vita ad un’associazione onlus, “Cuoreamico”, che avesse lo scopo di aiutare i bambini e i ragazzi con qualche malformazione fisica. Il successo è stato immediato e totale. L’intero Salento ha risposto per due anni di seguito a questa autentica gara di solidarietà che vede coinvolte diverse istituzioni e molte aziende private, ma anche le scuole e i cittadini.

Ecco, forse è questa la vera ciliegina sulla torta di ciò che è stato capace di realizzare Pagliaro. Ed è sicuramente questo il motivo fondamentale che ha spinto la principessa Yasmin Aprile von Hohenstaufen, pronipote di Federico II, a concedere a Paolo Pagliaro il titolo di Barone di Acaja. Di riconoscimenti ne aveva già avuti tanti. Ma questo lo consacra “aristocratico” dell’informazione e della solidarietà.

di Lino Paolo