La Televisione: il “Medium dominante”

6 Aprile 2006 La Televisione: il “Medium dominante”

C’è una specie di sindrome da “nuovismo” obbligatorio. Se non si vuole correre il rischio di essere banali, si deve per forza adottare la teoria della televisione “ cattiva maestra”, tirando in ballo reazioni chimiche, ricerche psicologiche, sentimenti calpestati, valori completamente sgretolati dal “ potere” di questo strumento. Ancor più singolare si rivela l’effetto prodotto dalle recenti polemiche sul reciproco condizionamento tra la televisione e la politica. Si assiste al ritorno dei dibattiti sulla “censura”. Sulla televisione “ che sposta i voti”. Fino alla “ deriva” della “par condicio”. La televisione sortisce realmente i magici effetti che, chi vi dedica tante energie e vuole raggiungere il proprio obiettivo, auspica? Se si vincono le elezioni va tutto bene, se si perdono, una delle principali responsabili di questo risultato è proprio la comunicazione e l’informazione, distorta, manipolatrice. “L’ha detto la televisione!”. E’ vero. La televisione è uno degli strumenti più importanti a disposizione dell’opinione pubblica. Le sue funzioni, al giorno d’oggi, vanno ben oltre il semplice fatto di fornire informazioni sugli avvenimenti e sui problemi della nostra società e di consentire ai singoli cittadini di presentare le loro tesi ed opinioni. La televisione svolge anche e soprattutto funzioni formative, nel senso che ha ampia responsabilità nel formare i concetti, le convinzioni di cui i cittadini si avvalgono per interpretare la realtà in cui vivono. In una società democratica come la nostra, la televisione dovrebbe, per eccellenza, essere uno strumento ampiamente disponibile ed accessibile, dovrebbe rifuggire da punti di vista unici o da conflitti d’interesse. L’argomento, dunque, è sempre lo stesso: il legame tra “advertising” e “persuasione occulta”. Dovremmo cominciare ad imparare a guardare la televisione con il giusto distacco e la giusta consapevolezza. La televisione si rivela per quello che è. Un semplice mezzo. Senza aggettivi. Se mai tanto ottusa se governata da inetti, tanto diseducativa se usata solo per “gloriare” se stessa, tanto manipolatrice se fatta e gestita da incompetenti. E’ un bene dell’uomo, usata, adoperata, esclusivamente dall’uomo. Rigore, ma anche creatività: il successo della televisione è legato alla capacità di usare e di “reinventare” il proprio ruolo, con il massimo rispetto nei confronti dei suoi fruitori. In realtà, nel progettare l’informazione televisiva va evitata una illusione: che si faccia da sé. Che basti aprire un microfono, o piazzare una telecamera al posto giusto, nel momento giusto, e il più è fatto. Non si farebbe in questo modo un buon servizio né ai cittadini, né alle istituzioni. Occorre sempre e comunque una guida per orientarsi nella giungla dei luoghi della politica, come anche negli uffici delle amministrazioni pubbliche e di quelle locali. Occorre chi legga, chi sintetizzi, chi verifichi le fonti, chi informi sui singoli personaggi. Occorre, cioè, una mediazione, ed è proprio questo il nodo cruciale della questione. Fare un racconto di eventi e fatti, che a tutta prima possono apparire tediosi, riuscendo a trovare il modo per sollecitare l’attenzione del pubblico cui il messaggio è rivolto, garantendo imparzialità ed equidistanza: questa è la famosa “qualità”. L’antidoto ai pericoli della televisione non è smettere di guardarla, ma “imparare” a guardarla. Essa è un mero strumento di trasmissione, non ha la capacità intrinseca di rendere il destinatario succube dei suoi messaggi. Bisogna educarsi alla fruizione consapevole di questo strumento, ridurre gli atteggiamenti passivi e acritici e imparare a padroneggiare consapevolmente i suoi contenuti. Contrariamente da quanto emerso nei dibattiti e nelle polemiche in questi ultimi giorni, sono convinto che la televisione può servire e giovare ai politici, ma devono essere loro per primi ad impegnarsi per far sì che la “forma” non finisca con il prevalere sul “contenuto”: quando i confronti non si trasformano in “ risse spettacolari”, quando non si ha nulla da nascondere e non si ha bisogno di troppe parole, quando non si hanno remore ad esprimere una opinione netta, anche se fastidiosa e scomoda, senza perdere mai di vista il rispetto nei confronti del pubblico. Solo in questi casi la televisione potrà realmente rendere un servizio pubblico ai cittadini, potrà informare in maniera sana ed equilibrata, consentendo ai suoi utenti di accedere alle conoscenze che li riguardano. Quanto vale l’etica della responsabilità? Molto, anzi in modo determinante. Dipende, in realtà, solo da noi…

di Paolo Pagliaro

Lecce, 6 aprile 2006