Diritto d’informazione e tutela della privacy. Il difficile bilanciamento degli interessi contrapposti

10 Febbraio 2008 Diritto d’informazione e tutela della privacy. Il difficile bilanciamento degli interessi contrapposti

 

Oggi la privacy è intesa come “sovranità su di sé”, che non significa più solo la “non intromissione nella sfera privata”, ma si pone quale indiscutibile strumento di salvaguardia della libertà e della piena autodeterminazione degli individui.
Privacy non è infatti soltanto il sacrosanto diritto a che nessuno invada il “ nostro mondo”, bensì a che ciascuno possa liberamente esprimere le proprie aspirazioni più profonde e realizzarle attingendo liberamente e pienamente ad ogni propria potenzialità.

Privacy, insomma, vuol dire libertà. Per chi fa il giornalista questa libertà viene a scontrarsi con un’altra sacrosanta libertà, che è la libertà di informazione: la tutela del minore, i rapporti tra cronaca e giustizia, l’uso di informazioni riferite a personaggi noti, la trasparenza delle fonti pubbliche, i divieti e i rischi della diffusione di notizie sulla salute e sulla vita sessuale…
Al di là degli aspetti teorici, quando mi pongo questo problema, soprattutto nel caso in cui si tratta di informazione televisiva, io cerco sempre di andare al cuore della questione, ossia a quelle situazioni che toccano nel profondo una persona, alle storie vissute da cui emerge forte e chiaro come il rispetto dei diritti fondamentali della persona sia un valore prioritario nella nostra società democratica.
Il bambino chiamato ad esprimersi in tv sulla vita sentimentale dei suoi genitori, la ragazza che apprende dalla tv che suo marito la tradisce, la persona che vede diffondere le trascrizioni di intercettazioni telefoniche pur essendo estranea all’indagine giudiziaria…

La televisione rischia di macchiarsi di una colpa, ma al contrario può anche compiere una meritoria opera sociale: ormai siamo abituati ad un modello di televisione che quotidianamente trasferisce dal retroscena alla ribalta tutta la sfera della nostra intimità e dei nostri affetti, anzi questa linea di comunicazione è diventata quella vincente, quella che più facilmente permette di guadagnare audience.
A mio avviso ciò che bisogna chiedersi è se la visibilità che la televisione offre possa non solo semplicemente stimolare la curiosità di noi telespettatori, ma anche spingerci a prestare attenzione nei confronti di realtà che magari non conosciamo o abbiamo ignorato finora. A fare la differenza è proprio il motivo che spinge un uomo a raccontarsi in tv, il motivo che spinge i conduttori di un programma ad ospitarlo, il motivo che induce un giornalista a dare la notizia in un certo modo. Il problema è dunque la finalità: se è una scelta strategica legata solo all’audience, o se invece è mossa da una motivazione più seria.
Lontani dal sensazionalismo e dalla spettacolarizzazione della realtà, la televisione deve poter dare la possibilità a tutti indistintamente di esprimersi senza violare il diritto della dignità delle persone interessate, nel pieno rispetto della loro personalità, con tutta la delicatezza e la sensibilità necessaria. L’informazione, dunque, assume un forte valore sociale, ma come conciliare le sue esigenze con quelle della privacy? La risposta si trova unicamente nella volontà di promuovere o meno un servizio pubblico cercando sempre la verità, con precisione e onestà.

L’integrità professionale è il fondamento della credibilità di un giornalista.
Non c’è giorno che io non lo ricordi ai miei: bisogna sempre verificare l’accuratezza delle informazioni che vengono diffuse e ricercare con diligenza i protagonisti delle notizie per dargli l’opportunità di rispondere alle eventuali accuse; bisogna accertarsi che i titoli, i promo dei notiziari televisivi e le eventuali foto, video, grafiche, inserti sonori, citazioni, non distorcano il significato della notizia solo per fare audience; dobbiamo evitare ogni ricostruzione ingannevole o messa in scena di avvenimenti, ma, e mi piace molto questa frase, dobbiamo “raccontare la storia della diversità e della grandezza dell’esperienza umana con coraggio, anche quando fosse impopolare farlo”…
I giornalisti, insomma, dovrebbero sempre e comunque mostrare rispetto per coloro che potrebbero subire degli inconvenienti per effetti delle notizie, e dunque usare almeno un minimo di sensibilità quando ricercano interviste e immagini di persone coinvolte.
La ricerca delle notizie non è una licenza per l’arroganza: dobbiamo imparare a riconoscere che raccogliere e riportare informazioni può causare sofferenza, dolore, e dunque è importante evitare di incoraggiare una curiosità morbosa da parte del pubblico attraverso effetti speciali…

Il tema dell’essenzialità, della pertinenza e della continenza delle informazioni e dei limiti della loro diffusione rientra unicamente nel senso di responsabilità sociale di un giornalista.
Non c’è una ricetta sempre pronta e valida: la ricerca di equilibrio tra questi valori rappresenta la chiave di volta per assicurare la democrazia e i diritti fondamentali di libertà dei cittadini. Per essere in grado di prendere delle decisioni etiche corrette, cominciamo con il farci le domande giuste: Cosa succederebbe a ruoli invertiti? Come mi sentirei io ad essere sbattuto in prima pagina, calpestando completamente la mia dignità di persona? Quali sono le possibili conseguenze delle mie azioni? C’è un altro modo per raggiungere il mio obiettivo di dire tutta la verità e allo stesso tempo ridurre le conseguenze negative? C’è sempre un altro modo, una alternativa valida nel dare una stessa notizia: dipende solo e soltanto dalle preoccupazioni etiche di un giornalista…nel caso in cui le abbia…

(pubblicato su art. Ventuno pugliese)

di Paolo Pagliaro

Lecce, 10 febbraio 2008