Tra marketing, etica e tv “Indies”. La difficoltà di coniugare il rispetto degli altri con il profitto

8 Giugno 2008 Tra marketing, etica e tv “Indies”. La difficoltà di coniugare il rispetto degli altri con il profitto

 

Di marketing se ne parla spesso, ma, a mio avviso, il più delle volte demonizzandolo e caricandolo di una connotazione negativa che non gli appartiene.
E’ difficile, in effetti, parlare di marketing in maniera univoca, visto che varia a seconda del ruolo che in una impresa viene chiamato a ricoprire: c’è chi definisce il marketing come lo strumento che mira a influenzare, se non a plagiare, le scelte del consumatore, o chi ne dà una definizione più globale, evidenziandone il fine di soddisfare il cliente prima di ogni cosa, o chi lo definisce in modo più sintetico, come l’insieme delle attività che consentono ad una impresa di orientare la produzione alla domanda del mercato, e di promuovere quanto si è prodotto presso il pubblico al quale è destinato generando profitto.
Che si voglia dare più risalto all’aspetto economico delle entrate, o a quello interpersonale nel rapporto con il cliente, una cosa è certa: nel marketing le strategie, le tattiche e le tecniche adoperate hanno come scopo ultimo quello di incrementare i guadagni.
E’ chiaro che se se si tratta di guadagni, e se oggi siamo qui a parlare di marketing ed etica, è proprio perché non sempre queste due realtà riescono a convivere: se lo scopo finale di una azione di marketing, di qualsiasi tipo, è sempre lo stesso, e cioè incrementare i guadagni, e in nome del guadagno spesso è difficile controllarsi, è chiaro che il limite tra il rispetto degli altri e il profitto personale a volte si confondono e si mischiano in maniera irreparabile, senza permettere alla coscienza di agire da filtro e fornire un’ utile guida verso la giusta mediazione tra il se e gli altri.

Ma non dobbiamo dare la colpa necessariamente al marketing e alle sue strategie “diaboliche”: la natura delle persone è sempre la stessa, e così come la natura rimane intatta, molte abitudini e comportamenti, quali il profitto ad ogni costo, lo sfruttamento, e la mancanza di rispetto e di riguardo verso gli altri, a volte rimangono inalterati… In realtà, il problema del connubio etica e marketing è molto attuale, visto che il modo dell’azienda di rapportarsi al cliente negli ultimi tempi è decisamente cambiato: mi viene in mente la celebre frase che pronunciò Henry Ford, “…Comprate un’automobile modello T del colore che volete, purchè nera” …
Oggi, invece, si è passati dallo sforzo di pensare a produrre ciò che si vuole vendere, a porre la soddisfazione del cliente al centro del processo produttivo: il senso di responsabilità di chi fa marketing nei confronti dei consumatori si è sempre più esteso, dall’attenzione per la qualità del prodotto fino alla tutela della salute, dei diritti e della libertà di scelta. Oggi, insomma, quasi tutti i cittadini/consumatori condividono l’opinione che il marketing dovrebbe andare oltre il suo tradizionale ruolo economico, e dunque che le aziende non dovrebbero limitarsi a “fare profitti, creare occupazione, pagare le tasse e rispettare le leggi”.
L’azienda, superando l’ambito con il quale interagisce direttamente, è passata dunque ad occuparsi dell’intera società, contribuendo a cambiare il modo in cui essa viene percepita dai consumatori; “fidelizzando” il cliente più facilmente e durevolmente rispetto all’adozione di strategie tradizionali.

Io da sempre credo che ogni azienda, prima di essere una realtà economica, è anche e soprattutto una importante realtà sociale, che può contribuire concretamente alla crescita complessiva di una società, non solo attraverso mirate azioni di marketing territoriale che permettono di ottenere ottimi risultati in termini economici, ma anche e soprattutto offrendo un modello di impegno morale ed etico nei confronti della società: è chiaro che l’importanza dei contributi che può offrire varia da caso a caso; ad esempio, la condivisione di una iniziativa di solidarietà da parte di un’azienda rappresenta un importante segnale di partecipazione e di coinvolgimento da parte del mondo economico nei confronti della propria comunità di appartenenza.
Per farvi un esempio concreto, quest’anno il progetto di solidarietà Cuore Amico Onlus si è rivolto principalmente a tutte le imprese che operano sul nostro territorio, invitandole a prendere parte attivamente in questo percorso: Cuore Amico ha rappresentato una occasione importante per tutti i nostri imprenditori, offrendo loro la possibilità di mostrarsi non solo come importanti riferimenti della nostra realtà economica e produttiva, ma anche e soprattutto da un punto di vista umano, come rappresentanti di una vera e propria comunità etica, morale, sociale, in favore di chi, vicino a noi, ha bisogno. Non voglio sembrarvi eccessivamente ottimista, perché anche io sono consapevole che, così come la fisica ha prodotto Hiroshima, e la genetica gli o.g.m., così il marketing ha “prodotto” Mc Donald’s ed altre simili aberrazioni; ma, il marketing in sé, non può essere condannato per applicazioni “non etiche”, così come non possiamo condannare “tout court” la fisica e la genetica.
Il problema è nelle premesse, nella mancanza di etica dei dirigenti delle grandi aziende multinazionali, o dei “governanti”: il marketing non serve a “fregare” la gente, ad abbindolare i clienti e a farli spendere soldi inutili, ma al contrario, se fatto bene e rispettando i valori etici, serve a guidare le famiglie a fare le giuste scelte, serve a migliorare la loro qualità della vita, a offrire consigli e spunti utili…

Alle domande che ci si pone abitualmente: “Come posso migliorare la competitività della mia azienda? Cosa richiede il mercato?”, oggi è necessario trovare delle nuove risposte, attraverso una svolta nella cultura di chi fa marketing: deve essere messa in luce l’importanza della “creazione del valore”, il concetto esteso di responsabilità, che deve essere in grado di esprimere valori di riferimento reali, concreti e raggiungibili, trainanti e motivo d’orgoglio per tutti gli appartenenti ad una azienda, e oggetto di ammirazione e rispetto per i clienti che ne vengono in contatto dall’esterno.
Ma se si tratta di una impresa televisiva? Come si può coniugare l’etica e il marketing in televisione?
Una televisione senza pubblicità muore, ma l’Auditel non può e non deve essere l’unica carta vincente: la televisione, per me, naturalmente non trascurando la ricaduta economica di ogni sua scelta, deve impegnarsi ad appropriarsi e a rielaborare le forme e le espressioni delle altre culture con le proprie specificità, nella direzione di una decisa difesa dei valori identitari, contro la sempre più incalzante omogeneizzazione culturale. Questa scelta, dunque, significa anche e soprattutto assumersi le responsabilità di tutto quello che passa sul piccolo schermo 24 ore su 24, e sui possibili effetti che si ripercuotono sui nostri fruitori: si tratta di fare una scelta etica.

Rifiutare l’omologazione, per una televisione, vuol dire opporsi alle sue inevitabili conseguenze, che oggi nel settore televisivo ci propongono format in cui dominano programmi televisivi prodotti dalle grandi multinazionali americane (reality show, wrestling), giapponesi (cartoni animati), brasiliane (telenovelas), o in alternativa programmi che scimmiottano i format dei network internazionali, che non fanno altro che deprimere la nostra creatività e la nostra fantasia: la tv “indies”, per sfuggire all’impatto invasivo della globalizzazione, punta su autoproduzioni di qualità, ed è una televisione che veicola messaggi positivi, sensibilizza, accresce la consapevolezza, diffonde conoscenza, è una impresa culturale, una infrastruttura immateriale al servizio della comunità.
Questa scelta richiede senza dubbio sforzi maggiori, impegno notevole , costi elevati (apparecchiature, personale addetto…), ma è vero anche che i suoi effetti in termini di marketing inevitabilmente si riverberano positivamente in ambito economico: si crea forza lavoro, si costruiscono professionalità, si lascia spazio ai talenti locali, alla meritocrazia, creando opportunità di realizzazione per i nostri giovani.
Quella che io definisco “tv indies”, dunque, rappresenta un valido strumento di marketing territoriale che serve a valorizzare l’identità culturale, le potenzialità di sviluppo e l’imprenditorialità della propria comunità di appartenenza, rifiutando a priori l’omologazione, rendendo possibile non solo il miglioramento dei risultati delle imprese stesse disseminate sul territorio e garantendone il successo sul mercato, ma anche e soprattutto aumentando il benessere dell’intera società: il matrimonio fra etica e marketing, fino a ieri considerato impossibile, costituisce invece la realizzazione più compiuta del principio della soddisfazione del cittadino/consumatore, che è alla base della filosofia di marketing “indies”.

E’ chiaro che anche i numeri devono “quadrare”, ma se il profitto diventa l’unico argomento in difesa di un comportamento moralmente sostenibile, si cade nel paradosso per cui l’etica, che sarebbe da considerarsi un fine in sé, diventa un mezzo per fini che continuano ad essere sottratti ad ogni valutazione etica.
Quando si parla di etica, infatti, non si intende il fatto di imporre codici di condotta o regole morali, che sono piuttosto legate alla deontologia.
L’etica non può essere ridotta al conformarsi o meno ad un ordine stabilito: quando c’è in ballo l’etica, occorre vi sia un’adesione personale, adesione che implica riflessione, riconoscimento e condivisione rispetto ai valori proposti.
Ebbene, se applichiamo questo ragionamento al marketing, io credo fermamente che il marketing sia compatibile solo quando le scelte sono rispettose della dignità delle persone a cui è rivolto: una economia sganciata dai principi etici e morali è una economia che non funziona. Il mercato è una “istituzione sociale umana” che, per funzionare nella misura che gli è propria, ha bisogno di principi di correttezza e di valori morali molto precisi: smettiamola di credere che il mercato si regge solo sul cinismo, sulla falsità e sull’intrigo, quando invece la buona fede e la correttezza sono ancora le carte giuste che possono farci arrivare primi in una sana competizione… L’etica non si pone in contrasto con il mercato, anzi, è parte costituente del suo buon funzionamento: lo sviluppo della società deve realizzarsi secondo parametri non solo economici, ma anche e soprattutto morali, perché qualsiasi opera costruita senza solide fondamenta, è destinata a non durare…
L’etica della responsabilità, insomma, deve rientrare tra i valori considerati essenziali per il buon funzionamento di una azione di marketing: per farlo, dobbiamo impegnarci per realizzare una vera e propria “riforma di pensiero”, sollecitando la coscienza comune e allargata, e aumentando la consapevolezza dell’importante contributo che il rispetto dell’etica e dei suoi imprescindibili principi può offrire, in ogni contesto.

di Paolo Pagliaro

Lecce, 8 giugno 2008