L’organizzazione dei Media nell’analisi di Paolo Pagliaro

25 Agosto 2009 L’organizzazione dei Media nell’analisi di Paolo Pagliaro

Nella letteratura più recente sui Media e le nuove tecnologie, sembra prevalere una scelta critica di tipo tradizionale, che si muove tra filone speculativo e orientamento genericamente sociologico. Il riferimento agli aspetti tecnici del governo del medium radio-televisivo, sembra non occupare lo spazio necessario. Per molto tempo la letteratura mediologica ha subito le conseguenze di una riflessione astratta e, direi, inconcludente. Il riferimento agli aspetti concreti di organizzazione sembra un oggetto misterioso, anche nella più recente disamina storiografica. Paolo Pagliaro, editore radio-televisivo, apprezzato per le sue doti manageriali, ha al suo attivo due volumi, pubblicati da Piero Manni editore. Si tratta di “Glocal: la comunicazione fattore di sviluppo” e “Sociologia dell’organizzazione dei Media”. Il suo itinerario intellettuale, già dal primo dei due volumi, decolla con una riflessione concreta e pragmatica sui problemi dell’esperienza imprenditoriale nel settore dell’advertising. Il riferimento alla pubblicità, in quanto motore di sviluppo sociale, è immediato e tangibile. Si tratta di una problematica quasi sempre analizzata in testi e saggi di taglio specialistico, come se si trattasse di un puro fatto economico collegato con le abilità acquisitive del management di turno. Pagliaro riesce ad inserire la pubblicità nel discorso più ampio della capacità comunicativa della televisione, collegandola con la rilevanza dell’innovazione tecnologica. E’ significativa la sua insistenza sul dovere dell’editore radio-televisivo di non porre eccesiva fiducia in quelle tecniche auditel, con cui si crede di sottoporre a controllo i livelli dell’audience sulla base di astratte rilevazioni statistiche. Egli propone una versione moderna di ciò che egli chiama un sistema “Qualitel” e non “Auditel”. Nelle parti seconda, terza e quarta del primo volume, Pagliaro analizza ampiamente l’esperienza locale di Mixer Media, gruppo editoriale, per ampiezza e dimensioni secondo in Puglia. Il gruppo è rappresentato da due televisioni, una incorporata nell’altra, cinque radio, dai gusti musicali diverse le une dalle altre, una concessionaria di pubblicità e un set di produzione. L’autore illustra con ampiezza di dati il cammino di Telerama, il palinsesto, le produzioni, mettendo in evidenza il dovere morale di attivare una forma di comunicazione, sia pure in chiave minore, che, però, coinvolga il cittadino, sui maggiori problemi di attualità. Ma, pur operando in un contesto provinciale, Telerama intende concretizzare una nuova linea dell’informazione multimediale ed interattiva, scommettendo con coraggio e convinzione sulle nuove tecnologie del digitale terrestre. Sono note le dieci battaglie che la televisione di Pagliaro porta avanti da tempo, per rendere possibile un modello di informazione militante, discutendo temi fondamentali per lo sviluppo di un territorio periferico (ambiente, aeroporto di Brindisi, collegamento infrastrutturale e trasporti nel Salento, l’Università, la sicurezza stradale, l’impegno per il sociale, per lo sport, per il piccolo commercio, per la buona sanità, per la cultura come infrastruttura). Viene indicata, per altro, come nuova ambizione comunicativa quella di realizzare trasmissioni sui temi della multiculturalità e della cultura dell’uguaglianza, secondo moduli nuovi che evitino di fa conoscere il mondo degli immigrati secondo moduli adusati di criminalizzazione. Pagliaro sembra aver accolto con piena convinzione, la lezione dell’antropologo indiano Arjuan Appadurai, teorico di quel concetto di meticciato che va considerato come l’elemento forte di una nuova civiltà dell’incontro e non dello scontro tra popolazioni povere e popolazioni residenti. Indubbiamente si tratta di una sfida a più livelli a cui anche una televisione locale è chiamata a rispondere, per fornire immagini credibili, idee accettabili, assenza di pregiudizi sociali. Certamente il discorso sull’informazione politica è più delicato e difficoltoso. Nasce dal contesto territoriale, dalla tipologia dei soggetti in azione, dalla qualità delle idee, dalla chiarezza del linguaggio. Una informazione politica in televisione, che risponda a esigenze di obbiettività e chiarezza, è difficile da immaginare nel sistema televisivo italiano. Forse la televisione locale potrebbe disporre di più carte da giocare su questo terreno, qual ora si ponesse mano alla realizzazione di una formula comunicativa più spregiudicata in cui poter coniugare immagini della rappresentanza formale con realtà civiche della partecipazione politica e del coinvolgimento sociale dei cittadini; non disdegnando la fruizione televisiva di competenze specialistiche prive, però, di sussiego accademico e di astrattezza speculativa. Su questo terreno si potrebbe sperimentare un tipo diverso di “Glocal”, cioè una commistione tra locale e globale in cui poter salvaguardare della politica quegli aspetti che non dappertutto risultano esauriti e improponibili. Quanto all’organizzazione interna di Telerama, Pagliaro mette in evidenza le strategie operative del Management, attingendo a teorie e tecniche di organizzazione di impresa, che nel volume successivo, quello dedicato alla “Sociologia dell’organizzazione dei Media” sembra attingere al meglio della letteratura mediologica e dell’organizzazione proveniente dagli Stati Uniti d’America. Su questo il nostro editore radio-televisivo si diffonde lungamente proprio nella sua seconda ricerca, in cui è più radicale la riflessione su radio e televisione dal punto di vista sociale. In tal senso si riprende il tema del confronto tra locale e nazionale nel quale il riferimento al digitale terrestre è ulteriore occasione per confrontare tecnologie nuove tra gruppo Mediaset e gruppo Mixer Media. Il discorso sull’organizzazione dei Media diventa concreto all’orché si delineano le nuove figure professionali e dirigenziali di un’impresa televisiva. L’analisi è circoscritta e concerne, in modo speciale, le modalità tecniche di redazione di un giornale, nel caso specifico il Corriere della Sera. Per altro si fa notare la sollecitazione a confrontare giornalismo italiano ed anglosassone con l’obiettivo di migliorare il prodotto giornalistico. Nella terza ed ultima parte, del secondo volume, il nostro autore propone diciassette schede di sociologi interessati più o meno ai temi dell’organizzazione dell’impresa e del lavoro culturale. In una eventuale seconda edizione del volume si potrebbe suggerire all’autore l’eventualità di proporre all’attenzione del lettore alcuni momenti significativi del dibattito sociologico sull’organizzazione e le leadership di impresa. In tal senso sarebbe oltremodo utili ed interessanti le pagine di studiosi come Michael Porter, autore del noto volume “Il vantaggio competitivo” e di Philip Kottler, autore di ricerche fondamentali sulle leadership. Sarebbe sufficiente una breve silloge di testi di autori rappresentativi della autorevole “Harvard Business School”. Ci si augura, soltanto, che lavori come questo di Paolo Pagliaro abbiano un seguito e, soprattutto, in quanti aspirano a trattare temi di massmediologia, lo stimolo a fondere sempre il tecnico e il culturale, nella stessa misura in cui l’ha fatto il nostro intelligente autore.

di Mario Proto