Quale futuro per i giovani? No ad un’Italia senza un domani

13 Aprile 2015 Quale futuro per i giovani? No ad un’Italia senza un domani

In un Paese guidato senza alcuna visione complessiva di sviluppo, le percentuali sulla disoccupazione giovanile fanno rabbia, ma non sorprendono. Cosa è stato fatto nell’Italia di Renzi per dare una chance ai nostri ragazzi, scongiurando la fuga dei cervelli? Ogni tentativo è stato un flop. In primis Garanzia Giovani, il programma finanziato dall’Unione Europea. A fine marzo, la Corte dei Conti europea ha lanciato l’allarme, tanto che l’Italia potrebbe essere costretta a restituire parte dei fondi erogati. Le ragioni? Le proposte di lavoro pubblicate sul portale italiano, nell’ambito del progetto, sono irrisorie e non in linea con gli indirizzi dell’Ue. Infatti, solo l’1% dei giovani beneficiari ha ricevuto una concreta proposto di lavoro. Il nostro governo nazionale non ha saputo pianificare e monitorare l’intero percorso e, così, l’Italia è uno dei Paesi nel mirino dell’Ue. Sono state tradite le aspettative e le speranze dei nostri giovani, anche in una Puglia dove la disoccupazione giovanile sfiora il 47,9%. È evidente che si siano cestinate le nozioni più elementari di economia: per far ripartire il ciclo, per i giovani e non, bisogna partire dall’impresa. Solo rilanciando le attività imprenditoriali si può puntare alla crescita occupazionale. Ed ora, secondo nodo da sciogliere: come rilanciare l’impresa? Pare che qualcuno faccia finta di non ricordare più nemmeno questo, perché sostenere le imprese in Italia significa ridurre la tassazione, semplificare la burocrazia e riorganizzare la fiscalità. Dobbiamo tornare ad essere un luogo attraente per gli investimenti, per il business, senza uno Stato che si erge alle spalle dell’imprenditore in modo minaccioso. Chi vuole fare impresa da noi sa in partenza che avrà dei nemici pronti a distruggere quanto vuole costruire: uno Stato socio-coatto al 60%, Equitalia dietro l’angolo, delle banche col portafoglio chiuso che non svolgono più alcuna funzione sociale. E’ ovvio che non sia un territorio amichevole per gli investimenti, ma le imprese costituiscono una fonte rilevantissima di ricchezza e di lavoro. Non partire da qui vuol dire non avere a cuore il futuro dei nostri figli. E non possiamo permetterci un’Italia senza il suo domani.

di Paolo Pagliaro

Lecce, 13 aprile 2015