L’unica soluzione è l’autonomia del Salento

2 Luglio 2018 L’unica soluzione è l’autonomia del Salento

1. Cosa pensa dell’ipotesi di un coordinamento su alcuni specifici temi tra i sindaci di Brindisi, Lecce e Taranto? 

«Ogni iniziativa finalizzata a mettere insieme e a rafforzare l’omogeneità culturale, storica, amministrativa collaborativa tra i tre territori di Lecce, Brindisi, e Taranto è solo una cosa positiva, ovviamente bisogna tener conto che le città capoluogo rappresentano solo un sesto della popolazione e che non hanno alcuna competenza su infrastrutture e progetti di sviluppo ma, ripeto, già il fatto che abbiano aperto un dibattito è positivo. Certo, devo dire che vedo poche idee e alquanto confuse».

2. In passato ci sono stati dei tentativi di raccordo, tra Comuni o tra Province. Perché sono naufragati?

«Ricorderete che ci hanno provato la Poli Bortone con Mennitti e la Di Bello con il progetto c’èlebrità ma oltre lo slogan d’effetto, le magliette, e qualche foto non portò a nulla. Poi ci hanno provato i presidenti delle provincie, Ria, Frugis, Rana e Florido, Pellegrino, Ferrarese, Gabellone ma i tentativi sono tutti miseramente falliti perché il Grande Salento seppur avesse buone idee non aveva le gambe e mancava di potere. Si andava a Bari con il cappello in mano e non si otteneva nulla dalla regione Puglia baricentrica. Abbiamo bisogno della cabina di regia di cui abbiamo sempre parlato, cioè l’ente di prossimità primario con il potere e le risorse per realizzare tutto quello che serve per rimettere in piedi il nostro Salento».
 
3. Su quali aree tematiche può rafforzarsi la collaborazione?

«Ogni forma di collaborazione è buona, potrebbero fare piccole cose come azioni di marketing comuni , un festival itinerante culturale, rafforzare gli interscambi, ma se ci fermiamo un attimo ci accorgiamo che tra Lecce e Taranto manca ancora una strada diretta di collegamento a quattro corsie e questo è un problema oggettivo di connessione tra le due città; proprio per questo motivo Taranto si è allontana sempre di più da Lecce avvantaggiando Bari. 
E questo è accaduto perché manca proprio quell’ente che possa decidere di realizzare un’opera di connessione così importante. Questo è solo un esempio di progetto come questo tanti altri e ogni qualvolta sono stati presentati dai tre presidenti di provincia, che già avevano un senso, sono stati sempre messi in un cassetto a favore di altre zone, è stato solo tempo perso».

4. Potrebbero intanto tornare in auge le Province, ripristinando poteri, funzioni, risorse. Aiuterebbero?

«La nostra battaglia per la Regione Salento nasce dal fatto che le provincie non potevano essere propedeutiche allo sviluppo di un territorio perché non avevano poteri, pochissime funzioni e risorse, ma avevano la rappresentatività che comunque aveva un senso. Se tornano in auge le provincie a questo punto è di basilare importanza che abbiano maggiori poteri, risorse e funzioni.
Con le competenze che avevano prima non potrebbero mai cambiare la storia di un territorio. Certamente sarebbe meglio avere delle provincie con un Presidente e i consiglieri eletti dai cittadini che quest’obbrobrio creato dalla legge Delrio».

5. L’ipotesi di un “autonomismo spinto” del Grande Salento non rischia di isolare e “chiudere” i tre territori? La competizione è globale, al Sud, nel bacino mediterraneo, in Italia e in Europa.

«Isolare? Chiudere? Ma lei lo sa che il Salento sarebbe l’undicesima regione su 21, con 1milione e 800mila abitanti. È un discorso che non regge e non va assolutamente fatto altrimenti le altre 10 su 21 dovrebbero già essere isolate oggi; anzi più forte è un territorio e più riesce a concentrare le sue risorse, più si riesce a mettersi in competizione con il resto del mondo. A tal proposito ricordo che le regioni più virtuose sono quelle di dimensioni ottimali, dove il Pil è più alto, possiamo prendere come esempio il Trentino Alto Adige, Umbria, Toscana e pensi un po’ anche la Basilicata. Le risorse vengono spese al meglio e si realizzano le infrastrutture necessarie con più facilità. 
C’è solo una soluzione ma non vogliono capirlo, sono vent’anni che ci provano con sterili tentativi; se proprio si vogliono impegnare non perdano tempo e si aggreghino alla nostra battaglia. Siamo pronti a fare un’assemblea costituente con tutti i politici salentini, sindaci, consiglieri comunali e regionali, parlamentari pronti a lavorare e spingere una legge costituzionale di mezza paginetta, un po’ come fece il Molise nel 1963 oppure portino avanti il Riordino territoriale della Società Geografica Italiana. Il resto sono chiacchiere, io li invito ad usare il loro ruolo per progetti concreti, così come stanno ora cosa possono fare? Nulla. E ripeto, i tre capoluoghi attualmente non possono neanche portare un autobus fuori dai propri confini o da una provincia all’altra, cosa possono fare se non un nuovo slogan o proclami tanto per farsi qualche foto? Ripeto, nulla. Affrontiamo il problema in maniera seria. Bisogna rinsaldare il legame identitario e culturale che accomuna queste tre comunità già insieme in altri periodi della storia, l’ultimo la Terra d’Otranto. Concludo ripetendo: riforma come il Molise nel 1963 o Riordino territoriale della Società Geografica Italiana, il resto è tempo perso».

Intervista rilasciata al Quotidiano di Puglia del  2 luglio 2018

 

2.07.18