La fusione dei Comuni è un grave errore

29 Gennaio 2022 La fusione dei Comuni è un grave errore

La mia intervista su L’Edicola del Sud del 29 gennaio 2022:

1) La spinta verso le fusioni dei piccoli Comuni è forte, anche perché viene supportata da incentivi statali. Che cosa non la convince di questo processo?

“Non mi convince nulla, io sono un idealista e mai svenderei la mia identità e le mie radici per un presunto vantaggio economico, tutto da verificare. Ci sono strumenti diversi per ottimizzare costi e spese e non c’è bisogno di entrare nel vortice di un processo irreversibile in cui, con un colpo di spugna, si cancellano la storia e il dna di un luogo. Quando si parla di incentivi, si dimentica di porre in evidenza che man mano diminuiranno con l’aumentare delle richieste, se non sono stati addirittura una tantum”.

2) La razionalizzazione della spesa è ormai un obbligo, anche per utilizzare al meglio le già scarse risorse destinate agli enti locali. La fusione va in questa direzione. Dal suo punto di vista, quale può essere l’alternativa per salvare le identità dei territori e allo stesso tempo migliorare lo stato delle casse comunali?

“Noi siamo contrari alle fusioni ma siamo favorevolissimi alle unioni dei Comuni. Non sentiamo proprio la necessità di dover fondere i Comuni che invece possono mantenere la propria identità e unirsi, rafforzandosi, razionalizzando i costi e mettendo insieme competenze e professionalità. Ecco perché guardiamo con fiducia a questa possibilità, che al momento sul nostro territorio è rappresentata dall’esempio della Grecìa Salentina. Si potrebbe pensare di far coincidere l’Unione dei Comuni con l’ARO, prevedendo un nuovo statuto con precise competenze e responsabilità. E poi c’è anche un altro modello da valutare: quello della Città policentrica tra Comuni viciniori, che permette di diffondere i servizi sul territorio e allo stesso tempo di risparmiare in termini di spostamenti, puntando sulla digitalizzazione.

3) Lei è presidente del Movimento Regione Salento. L’idea di unificare Lecce, Brindisi e Taranto sotto una bandiera che non sia quella della Puglia ha una connessione con la sua avversione alla fusione dei Comuni?

“La mia non è avversione, attenzione, è solo un’idea diversa che nasce dall’amore per il Salento e per ogni campanile di questo meraviglioso territorio. Per quanto riguarda la nostra idea di neo regionalismo, posso dire che è chiarissima e permetterebbe un risparmio di circa il 50%, garantendo una maggiore efficienza di ogni ente. Il nostro progetto prevede la cancellazione totale delle attuali regioni, tutte, anche quelle a statuto speciale, e poi anche delle 110 province e delle città metropolitane, e la cancellazione di tutti gli enti superflui come società partecipate, comunità montane, aree vaste. Il tutto ci permetterebbe di riordinare la macchina amministrativa in 31 nuovi enti – o regioni, o dipartimenti come dir si voglia – che avrebbero orientativamente tutte le stesse dimensioni, in modo da azzerare sprechi e privilegi. Questa riforma, che giace nei cassetti del Parlamento, sarebbe la soluzione più intelligente e logica per il futuro della nostra nazione. Ecco perché bisognerebbe volare alto e non impantanarsi in sterili discorsi che riguardano le fusioni. Noi vogliamo tutelare, difendere, e continuare a coltivare ogni singola peculiarità dei nostri territori. E questo non riguarda solo il Salento, perché noi guardiamo alla bellezza dell’Italia intera, il Paese dei tanti borghi e delle tante peculiarità, il Paese della cultura dai tanti colori, e la nostra idea è quella di preservarli tutti”.

4) Come immagina la qualità dei servizi erogati dai piccoli Comuni in assenza di una sinergia che li renda più forti?

“Come ho già spiegato prima, le forme di sinergia possono essere diverse dalla fusione. Non per forza bisogna pensare di cancellare ciò che siamo, si può pensare a crescere con altre soluzioni, appunto con le unioni. La micro dimensione di molti Comuni salentini determina spesso carenza di servizi, scoraggia gli insediamenti produttivi e contribuisce allo spopolamento e alla fuga dei giovani, impoverendo sempre di più il capitale umano. La frammentazione amministrativa incide in misura elevata sui costi fissi di funzionamento e gestione delle strutture comunali, divorando gran parte delle già scarse risorse disponibili. Queste criticità si possono superare con l’Unione dei Comuni, che porta vantaggi a ciascun Comune senza cancellarne l’identità. Ovvio che bisogna fare squadra e razionalizzare le spese. L’Unione rappresenta lo strumento migliore per ottimizzare la spesa: permette infatti alle singole amministrazioni di attivare i diversi processi burocratici con minore dispendio di risorse economiche e umane, dal momento che vengono messe in comune. Condividendo strutture, infrastrutture e personale, le Unioni di Comuni possono riuscire ad erogare servizi di qualità a costi sostenibili”.

5) La fusione dei Comuni passa da un processo democratico, non è una scelta imposta o calata dall’alto. A suo parere sono scelte consapevoli?

“Nello specifico, quando parla di processo democratico, credo che si riferisca al referendum consultivo che, così com’è impostato, non mi sembra per nulla democratico perché non prevede un quorum e consente dunque anche ad una sparuta minoranza di poter decidere le sorti di un’intera comunità. Ma, qualora si dovesse insistere su questa strada scellerata delle fusioni di Comuni, ho presentato una proposta di legge in Regione proprio per fissare dei paletti che possano garantire un percorso condiviso, prevedendo la validità dei referendum solo nel caso in cui partecipi almeno il 50% degli aventi diritto al voto. Ed aggiungo che stiamo studiando, proprio in questi giorni, una nuova pdl utile a quei Comuni che, una volta fusi, volessero tornare indietro, come, ad esempio, Presicce e Acquarica, unici due comuni della Puglia ad aver subito il processo di fusione in età repubblicana.
Per noi la democrazia è uno strumento irrinunciabile, ma si può parlare di democrazia solo quando questo termine significa vera partecipazione e libertà”.