Eolico offshore, Pagliaro: le carte parlano chiaro. La Puglia e il Salento hanno già dato, questo parco non lo vuole nessuno

5 Febbraio 2022 Eolico offshore, Pagliaro: le carte parlano chiaro. La Puglia e il Salento hanno già dato, questo parco non lo vuole nessuno

Sulla questione dell’eolico offshore c’è qualcuno che si trincera dietro al ‘vogliamo saperne di più’ ignorando i lapalissiani effetti ambientali disastrosi che la realizzazione del mega parco eolico al largo di Otranto (il più grande d’Europa e tra i più imponenti al mondo) comporterebbero. È giusto informarsi, è giusto guardare al green che avanza. Non è giusto accampare tesi pretestuose.

Si vuol fare credere, chissà se ingenuamente, che pale eoliche galleggianti alte 300 metri non incideranno sulle bellezze naturali del territorio, sul bene primario della tutela del paesaggio e del mare e che, addirittura, ne beneficerà l’attività della pesca grazie alle “zona d’ombra” delle pale. Ci sarebbe da ridere se la questione non fosse così grave ed impellente. Ma al di là del mero – sebbene centrale – fattore paesaggistico, c’è anche molto altro.

A chi chiede carte e numeri, infatti, ricordo che in Regione giacciono 410 progetti che puntano sull’energia rinnovabile, mentre altri dodici sono pensati per il solo offshore. E molti altri sono in arrivo. Il Piano paesaggistico territoriale regionale è uno scudo che non può essere messo in discussione. In Puglia c’è già un numero altissimo d’impianti senza che i territori ne abbiano tratto alcun vantaggio in termini di sconto in bolletta, benché metà dell’energia prodotta venga venduta fuori regione. La nostra Regione, dati alla mano, attualmente produce già un quarto dell’energia green in Italia: significa che la nostra capacità è satura, senza peraltro riceve gli adeguati ristori. A tal proposito, voglio ricordare che proprio grazie ad un mio intervento è arrivata in Consiglio Regionale la questione relativa alle giuste compensazioni in favore del territorio da parte di TAP e Snam: ci sono 50 mln a disposizione, ma sono altre – ahinoi – le logiche che non consentono di poter utilizzare tali importi.

La nostra parte l’abbiamo già fatta, insomma. Può bastare così.

Senza dimenticare gli esorbitanti, a dire poco, costi di realizzazione e manutenzione degli impianti. Basti pensare che persino Enel, sul punto, ha confermato di non voler investire nell’eolico offshore dal momento che tali opere hanno tempi lunghi e costi molto elevati in termini di manutenzione, mantenimento e riparazione.

Si parla di presunti benefici per la flora e la fauna marine. Nulla di più falso. Trattasi, infatti, solo di “finte” energie pulite. Lo conferma la stessa scienza. Le pale eoliche sono realizzate – e contengono – cemento, plastica, acciaio, titanio, rame, argento, cobalto, litio e decine di altri minerali. Tutto materiale che viene installato nel nostro mare e lì va disperdendosi. Secondo uno studio pubblicato su Nature Geoscience, per convertire solo un settimo della produzione di energia primaria mondiale sarebbe necessario triplicare la produzione di calcestruzzo, quintuplicare quella di acciaio e moltiplicare di varie volte quella di vetro, alluminio e rame. Il tutto andrebbe ancorato sul fondale marino e su parti di scogliera, compromettendola in modo irreversibile. I pesci andrebbero a cercare le zone d’ombra? Ennesima falsità: non solo non c’è prova, ma si sfiora il ridicolo nell’affermarlo. Ciò che è provata è invece una negativa incidenza sui flussi migratori dei volatili. Turbine e pale rappresentano indubbiamente un pericolo per gli uccelli marini: il rischio di collisione è alto e, anche quando gli uccelli riescono a evitare lo scontro, il dispendio di energia richiesto per farlo è altissimo. Ciò rende, per alcune specie, le migrazioni estremamente complicate e le obbliga, in alcuni casi, a modificare i tragitti. Vari uccelli finiscono così per non poter più accedere a zone cardine per nutrimento, accoppiamento e nidificazione. Le strategie di mitigazione ad oggi adottate non offrono garanzie. La loro efficacia è, infatti, valutabile solo dopo diversi anni quando e, in caso di risultati insoddisfacenti, il danno risulterebbe irreparabile. Altro che svolta green!

Se analizziamo i dati nazionali, poi, ci accorgiamo che in Italia il 40% dell’energia è già prodotta da fonti rinnovabili. Lo dice il Rapporto GSE (Gestore nazionale dei Servizi Energetici) che riporta i dati regionali, da cui emerge che la Puglia e ancor più il Salento, per il fotovoltaico nei terreni, ha il primato concentrazione di potenza installata e contribuisce per il 10% alla potenza complessiva prodotta a livello nazionale. E il target dei 70 Gigawatt di capacità rinnovabile entro il 2030, per tener fede agli accordi di Parigi sul clima, non può essere il pass per lo sfruttamento indiscriminato di un territorio che ha bisogno di essere rigenerato e non spolpato ancora. Il nostro paesaggio è ciò che ci resta, è il patrimonio da difendere. Su questi temi non può esserci trattativa che tenga.

Ricordo, ancora, che secondo l’Ispra, “se si sfruttassero i tetti degli edifici esistenti, gli ampi piazzali associati a parcheggi o ad aree produttive e commerciali, le aree dismesse o i siti contaminati, si stima che potrebbero essere installati pannelli per una potenza totale più che doppia rispetto ai gigawatt fissati dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima”. Ecco perché diciamo basta all’ulteriore consumo di suolo e a nuovi impianti offshore.

Questi sono i dati. Questo è il quadro. È su questo che bisogna informarsi, attraverso il confronto con gli scienziati – su tutti l’esperto Ing. Antonio de Giorgi, coordinatore del Gruppo Energia della Provincia di Lecce – e non con i “portavoce” della multinazionale interessata dal progetto che, invece, altri sindaci hanno lasciato fuori dalla porta.

Sulle sue storiche battaglie, poi, il Movimento Regione Salento, non ha mai tirato la giacchetta a nessuno. E se qualche sindaco di un piccolo comune, improvvisatosi avvocato difensore di milionarie multinazionali, insinua questo sulla questione delle delibere comunali sulla contrarietà al progetto dell’eolico offshore, non fa altro che mancare di rispetto faziosamente a tutti i suoi colleghi sindaci del territorio che, liberamente, hanno partecipato dapprima al Consiglio Comunale di aperto di Castro del 13 novembre e alla successiva grande manifestazione di protesta organizzata a Porto Miggiano il 21 novembre, e che hanno espresso una posizione – evidentemente diversa dalla sua – contraria alla invasione del mare del Salento. Una posizione, peraltro, ribadita ed assunta alla unanimità nel corso dell’Assemblea dei sindaci in Provincia dello scorso 3 dicembre.

Sono, ad oggi, 54 i consigli comunali della provincia di Lecce che hanno già deliberato la loro contrarietà a questo ennesimo tentativo di violare il territorio e molti altri sono al lavoro su questo.

Ma non solo. A dirsi contrari al progetto sono stati anche il già Ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia, la Presidente del Consiglio Regionale Loredana Capone, gli Assessori Delli Noci e Maraschio, oltre ai Consiglieri regionali Gianfranco De Blasi, Antonio Gabellone, Pier luigi Lopalco, Paride Mazzotta, Donato Metallo ed il Presidente della Provincia di Lecce Stefano Minerva.

Becere le accuse mosse nei miei confronti secondo le quali la mia, anzi la nostra, sia una mossa a scopi elettoralistici. Non si comprende, infatti, a quale competizione elettorale si voglia alludere dal momento che sono stato eletto consigliere regionale poco più di un anno fa, ma continuando quotidianamente la mia attività fatta di battaglie a difesa del Salento e dei salentini. Imbarazzante, infine, la critica di chi ci accusa di “grillismo” se si pensa che il M5S è favorevole a tali impianti.

È chiaro che a decidere su questi progetti non possono essere i singoli Comuni, ma il territorio, tramite i suoi rappresentanti istituzionali, ha parlato e continua a parlare chiaro: qui l’eolico offshore, tranne qualche sciagurata eccezione, non lo vuole nessuno.

 

Lecce, 5 febbraio 2022

 

Paolo Pagliaro

Consigliere regionale-Capogruppo LPD

Presidente MRS