Bravo Ciampi, così noi facciamo una family – tv

8 Dicembre 2005 Bravo Ciampi, così noi facciamo una family – tv

 

Il Presidente Ciampi, con tono prescrittivo, ha ammonito le famiglie a non trasformare la televisione da “baby sitter” ad “educatrice” e ha definito i mass media inconsapevoli della loro responsabilità sociale.
Insomma, punta il dito contro la televisione “cattiva maestra”.
Anche io mi unisco a questa tendenza. La televisione può essere considerata una tra le fonti più importanti di conoscenza ed anche di compagnia che le famiglie quotidianamente hanno a disposizione: la tv è spesso il loro principale strumento di svago, fabbrica di moderne favole, miti, eroi ed antieroi del nostro tempo.
Le famiglie, infatti, costruiscono i propri riferimenti culturali attraverso la televisione ed i suoi racconti attraverso le notizie e la fiction, vera e propria fabbrica del moderno immaginario collettivo.

Spesso, però, le famiglie, ma soprattutto i giovani, come mostrano tutte le ricerche psicologiche, possono risultare non pronti ad entrare in contatto con i messaggi televisivi che li investono con una forza motiva eccessiva e possono imprimere modelli non adeguati.
Ecco perché ritengo che i primi alleati della televisione debbano essere le famiglie stesse, affinché possiamo rivolgerci al futuro del rapporto nuova generazione – televisione con fiducia. Un discorso come questo rischia facilmente di scivolare nel moralismo.
Non mancano infatti le voci pronte a levare atti di accusa contro la televisione in generale. D’altra parte c’è, però, chi è pronto a sostenere che la tv è uno strumento essenziale di informazione, di sensibilizzazione e di spinta all’approfondimento.

Un altro aspetto positivo della televisione va indicato nella sua forte influenza sullo sviluppo sociale dei suoi fruitori poiché incide direttamente sul processo di socializzazione.
I media sono il canale privilegiato attraverso cui ci relazioniamo, ci confrontiamo.
Dobbiamo porre attenzione, però, affinché la tv non divenga “tutto il mondo” e lo schermo non si dilati fino ad impedire di esprimere il proprio bisogno di conoscere la realtà.
La questione si allarga e chiama in causa in primo luogo coloro che operano nel settore della comunicazione e soprattutto la loro smania di ascolti, che a volte sacrifica la qualità dei servizi offerti.

A mio avviso la realtà “televisione locale” può fornire un esempio di come, se usato bene, questo strumento può apportare un valido contributo per la crescita sociale, culturale ed economica del proprio territorio.
Più volte mi sono chiesto se si possa misurare la qualità dei servizi che i mezzi di comunicazione offrono col solo parametro dell’ audience.
La verità è che il modello Telerama, pur mantenendo alto il livello degli ascolti, rappresenta un modello di televisione non omologato a quello della maggior parte delle televisioni nazionali e interregionali.
A tal proposito mi viene in mente, tra i tanti riconoscimenti ricevuti, il prestigioso premio Millecanali assegnato a Telerama come migliore televisione d’Italia per la categoria “programmazione complessiva”, per la varietà e la qualità del nostro palinsesto.
In effetti basta soffermarci un momento su quello che si vede per lo più sulle altre televisioni: televendite, telenovelas sudamericane, cartomanti, filmetti anni 70, reality show, donnine la notte, insomma tutto quello che può garantire facili introiti. Noi no.

Il nostro è un palinsesto che punta su autoproduzioni di qualità, è una “family tv”, che regala momenti di interesse e di intrattenimento per tutta la famiglia ma che soprattutto si inserisce in una scelta strategica che rifiuta l’omologazione.
Alla base dunque, vi è il modo in cui questo strumento viene usato, il modo in cui si vogliono creare, distribuire e promuovere i propri contenuti.
La nostra è una formula televisiva capace di svegliare il pubblico, capace di far sentire forte l’orgoglio di quello che siamo, di quello che la nostra terra ci offre per certificare e valorizzare la nostra identità.
La nostra non vuole essere solo una televisione, ma una vera e propria “impresa culturale” al servizio del suo territorio.
La linea ideale di una televisione che parli alla famiglia è quella che aiuta a stare insieme. E per soddisfare questo bisogno occorre parlare di cose reali, che uniscano la famiglia entrando nel vivo in maniera concreta; serve una forma essenziale e scarna di televisione che esalti dei contenuti che attingano necessariamente alla realtà, alla realtà che ci appartiene.

È difficile senza dubbio dire se esista o meno una “tv maestra per tutti”.
Io non penso che ci sia niente che faccia male in assoluto ma bisogna capire che quello che potrebbe far male trasmesso in televisione farebbe male anche se fosse trasmesso attraverso la carta stampata, la musica o le parole.
Quindi effettivamente non c’è una televisione fatta male che fa male, ma la televisione di per sé può essere uno strumento educativo molto importante: bisogna cogliere l’essenzialità del suo ruolo ed usarla di conseguenza.

È superfluo aggiungere che, come in ogni professione, esiste chi opera con serietà e nel rispetto delle regole deontologiche e chi non opera in tal maniera.
La televisione deve essere onesta, veritiera, corretta e rigorosa.
Essa deve evitare tutto ciò che possa screditarla.
Per ogni uomo e donna di comunicazione questo principio deve essere essenziale e posso affermare che nel mondo della comunicazione, soggetto sovente ad essere sottoposto a giudizi sommari, scambiando spesso per televisione quanto televisione non è, è il senso di responsabilità la guida principale, che non solo richiede una continua verifica tra quello che potrebbe dirsi e quello che non si può dire in un messaggio televisivo, ma al di là della remunerazione, innalza la professione e la professionalità con il raggiungimento dell’obbiettivo vero della comunicazione.

di Paolo Pagliaro

Lecce, 8 dicembre 2005