Tv in prima linea, Pagliaro: Un dovere per il territorio

5 Settembre 2007 Tv in prima linea, Pagliaro: Un dovere per il territorio

Lo spazio politico viene oggi ridotto da un nuovo tipo di informazione sempre più militante: Ne parliamo con il Presidente del gruppo Mixer Media, Paolo Pagliaro.

Presidente, il tipo di informazione che Telerama sta sviluppando copre di fatto uno spazio che dovrebbe essere occupato dalla politica; mi riferisco in particolare a operazioni come le “10 battaglie”. E’ una risposta ad un’assenza strutturale e di contenuto della politica stessa? E se si, si sta inaugurando la stagione della Tv-partito?
Mi suona strana questa domanda, io credo che sia un dovere fare informazione in questo modo: basta osservare il nostro lavoro di tutti questi anni per capire qual è il significato che attribuisco al nostro ruolo e alla funzione sociale svolta da Telerama, RTS e dalle radio del Gruppo. Mi spiego meglio: fare l’editore è un mestiere tutt’altro che facile, una scelta che comporta un forte impegno quotidiano, una funzione principalmente sociale che richiede una profonda onestà intellettuale e un forte senso di responsabilità. La nostra linea editoriale parla chiaro: scendere in campo con le dieci battaglie significa prendersi le proprie responsabilità, attribuire un ruolo attivo ai nostri giornalisti, accrescere lo spirito di protagonismo del cittadino, salvaguardare uno dei suoi fondamentali diritti, ossia la partecipazione diretta alla vita pubblica, contribuendo fortemente alla sua crescita sociale.

E’ già tempo di tracciare un primissimo bilancio di questa operazione?
Direi che i risultati già si vedono:alcuni argomenti delle nostre battaglie sono diventati importanti nel dibattito politico e nell’impegno istituzionale (vedi la sicurezza stradale, l’ambiente, le energie alternative, la Palascìa, Cerano, l’aeroporto di Brindisi) spinti da una forte pressione che parte dal basso, dai cittadini. La nostra informazione è una importante occasione di coinvolgimento, che affronta senza timore le tematiche anche più indigeste, e stimola riflessioni.

Mi permetta di insistere. Tutto questo non può insinuare il dubbio che si sia in presenza della stesura di una sorta di manifesto partitico?
Nessuno di noi si è mai proposto di sostituirsi ai partiti. Noi facciamo, questo si, politica. Ma, consentitemelo, quella con la “P” maiuscola. Io ho scelto di fare l’editore e non ho nessuna intenzione di farmi incantare dalle sirene della politica per due motivi: prima di tutto perché credo fermamente nell’imparzialità e nell’equidistanza di chi fa l’editore, e poi perché credo che il mio ruolo sia altrettanto importante quanto quello di chi fa politica. La nostra informazione svolge un ruolo di partenariato sociale, nel rispetto dei ruoli ma con la massima apertura e disponibilità, chiunque può sedersi attorno al “tavolo” per ragionare e per trovare le formule per raggiungere i nostri obiettivi: è un valore aggiunto per tutti, capace di stimolare l’opinione pubblica, sensore dei bisogni dei cittadini, in grado di anticipare le innovazioni necessarie nelle risposte alle nostre esigenze.

Come cambiano – se cambiano – le relazioni con i soggetti politici e istituzionali quando si opta per questo tipo di informazione militante?
Non cambiano … E’ vero, la nostra è una informazione che sceglie, un’informazione militante, ed è chiaro che questo può ripercuotersi nei nostri rapporti con i soggetti politici e istituzionali, ma non ce ne preoccupiamo: la nostra scelta, fuori da ogni dubbio, è unicamente quella di promuovere una cooperazione di reciproco beneficio nell’interesse della collettività. E’ chiaro che qualche precisazione va fatta: la nostra è una scelta coraggiosa. Il nostro modo di fare informazione rappresenta una denuncia onesta di un cancro che purtroppo da tempo ha cominciato a divorare la politica.

Presidente, spieghi meglio questo passaggio.
Mi riferisco alla politica cresciuta nelle trincee fangose delle sezioni, del tesseramento, delle competizioni elettorali. La nostra informazione si muove nella direzione di una spinta contraria agli sprechi e ai privilegi di ogni sorta: il cittadino oggi è stanco di vivere in una realtà vessata dall’arroganza e dalla voracità di tanti “Don Rodrigo” annidati nel sistema politico. Il nostro è un modo come un altro per combattere la pigrizia e il lassismo: se per molti la politica è un mestiere da “formiche”, il nostro vuole essere un mestiere da “cicale”. Basta solo scegliere cosa si vuole fare. Noi l’abbiamo scelto fin da subito.

Questo tipo di informazione allontana o avvicina i cittadini alla “buona politica”?
La nostra informazione non si propone di stabilire quale sia la buona o cattiva politica, non prende posizioni in tal senso: imparziale, indipendente ed equidistante, si prefigge l’obiettivo di avvicinare i cittadini alla politica, di qualsiasi orientamento, di smuoverli e di renderli partecipi. A giudicare la buona o cattiva politica sono i cittadini stessi, in piena libertà.

Ma voi avete la forza di condizionare l’opinione pubblica, non crede?
Il nostro è solo l’atteggiamento di chi si oppone alla politica come esclusiva pratica di potere, dunque dedita esclusivamente a interessi personali, e non al bene comune. La democrazia bisogna meritarsela col darsene pensiero: non parliamo di cattiva politica come scusante per giustificare le nostre negligenze nei confronti della società, ma svolgiamo un lavoro di critica costruttiva che ci vede tutti coinvolti, e che mira alla rivalutazione e riscoperta dei valori stessi della politica, a cui noi crediamo fermamente.

E il rischio populismo?
Il populismo non è un rischio se gli attribuiamo la giusta accezione. Se per populismo intendiamo essere favorevoli al protagonismo dei cittadini, al potere dell’opinione pubblica, non senza approfondire i motivi ideologici e politici di questa scelta; se intendiamo combattere le sacche di inefficienza provocate dalla politica opportunistica, allora si: noi siamo populisti. Convinti.

di Francesco Lefons

Lecce, 5 settembre 2007