Santoro e “Annozero”: quando la Tv gridata funziona come notizia

12 Ottobre 2007 Santoro e “Annozero”: quando la Tv gridata funziona come notizia

Allarme sui rapporti torbidi giudici, politici e tv: con un picco di quasi cinque milioni di telespettatori e il 21% di share, il programma televisivo “Annozero” di Michele Santoro sta facendo discutere e suscita polemiche.

Da una parte ci si appella al codice deontologico, che ci obbliga ad una informazione obiettiva, imparziale, equidistante; dall’altra si pone il problema di come poter effettivamente garantire concretezza, equilibrio e serietà, se si devono affrontare argomenti tanto delicati come la politica e la giustizia.
Mi sento in dovere di fare alcune riflessioni, visto che da tempo ho lanciato la sfida di una informazione libera, indipendente, imparziale, equidistante ed obiettiva, utilizzando la forza della televisione, vedi RTS, per rendere protagonisti i cittadini alla vita pubblica ed opporci agli sprechi e ai privilegi che sussistono nella nostra società, pensando anche a diffondere un modello di informazione “ militante” facendo scendere in campo i miei giornalisti per intraprendere le 10 battaglie di Telerama al servizio della nostra comunità.
Sono io il primo a riconoscere il potere dell’informazione e soprattutto della televisione, e dunque sono anche pronto a confessarne il rischio strettamente connesso, ossia di assaporare il volto demoniaco di questo potere: è davvero possibile pensare ad un modello di informazione imparziale? Si può condurre un programma televisivo che tratta di politica senza risultare schierato e di parte?

Nel progettare l’informazione televisiva va evitata un’illusione: che si faccia da sé. Infatti, occorre sempre e comunque una guida per orientarsi nella giungla dei luoghi della politica, occorre chi legga, chi sintetizzi, chi verifichi le fonti, chi informi sui singoli personaggi, chi conduca il programma, occorre cioè una mediazione, ed è proprio questo il nodo cruciale della questione, che ruota attorno a due valori, importanti, a volte configgenti, apparentemente inconciliabili: “ informazione ed onore”.
Da una parte il diritto all’onore, tutelato dall’art. 2 della Costituzione, e dall’altra la libertà, intesa come libertà di informare, di informarsi e di essere informati, direttamente riconosciuta a livello costituzionale dall’art. 21.
Se è vero che la libertà di informazione è un diritto inalienabile, importante è questa libertà non venga usata anche per manipolare la realtà dei fatti, per guadagnare credibilità, magari riportando le notizie in modo che risultino eclatanti, distorcendo la realtà per suscitare curiosità, interesse, a tutti i costi: a volte basta la giusta inquadratura, la musica di sottofondo, la scenografia adatta, gli applausi al momento opportuno, e il “teatrino” è fatto…
Per quanto mi riguarda, credo che “Annozero” sia una trasmissione a “senso unico”: a senso unico è il pubblico in studio, l’organizzazione, gli interventi, i collegamenti in esterna. Si può accettare un programma a “senso unico” quando gli argomenti, che sono di gran rilievo, meritano invece un confronto più sano e variegato sui contenuti e sulle varie posizioni che ci sono nel nostro paese?

Non condivido personalmente giudizi liquidatori sul programma in sè: il problema a mio avviso è individuare le responsabilità editoriali della trasmissione.
I politici, o chiunque sia ospite di un programma televisivo, devono poter parlare in qualunque momento, dire la loro, ristabilire la verità eventualmente violata. Tutti possono andare in televisione, tutte le categorie della nostra società, e di tutto si può discutere, non ci sono limiti se non uno: garantire a chiunque la possibilità di difendersi, di confrontarsi, rispettare la “Par Condicio” nel vero senso del termine, tutelare i principi di pluralismo e correttezza dell’informazione, vincolanti per tutti ed in particolar modo per il servizio pubblico.
Non si può pensare di affrontare argomenti delicati ed importanti come questi senza rendere possibile il diritto di replica per i soggetti chiamati in causa: non si tratta più di un programma di informazione televisiva, ma di un vero e proprio “agguato mediatico” con tanto di “ esecuzione”, un vero e proprio “linciaggio”.
Io credo che il problema non sia decidere o meno di censurare “Annozero”, ma di giudicare il comportamento e le scelte di chi lo produce e di chi lo conduce, il suo senso di responsabilità; la questione non è se la televisione fa bene o male a trattare certi argomenti, ma se produttori e giornalisti sono capaci o meno di rivestire il loro ruolo.

Mi rendo conto che oggi i produttori devono cercare in tutti i modi possibili di avere gli ascolti giusti per guadagnare credibilità, ma impegnarsi per risultare plausibile, scambiando per comunicazione informativa quella che è solo una mirata comunicazione persuasiva, risulta irrispettoso innanzitutto per il pubblico, e poi per tutti coloro che svolgono questo lavoro e che come me da anni si impegnano a farlo nella maniera più responsabile ed efficiente possibile.
Non serve banalizzare la questione demonizzando il mezzo televisivo: la televisione è un medium aperto a tutti, disponibile ed accessibile, è una straordinaria risorsa a disposizione della gente; la nostra attenzione deve concentrarsi su chi ha il potere di decidere, su chi eventualmente sceglie di essere un conduttore-tribuno di parte e non un moderatore.
Inutile anche fare confusione e pensare di sfuggire alle nostre responsabilità: informare significa anche e soprattutto educare, tutto è il risultato di una scelta.
L’educatore, e in questo caso il conduttore – giornalista, è gravato da una grande responsabilità. Credo che la maggioranza dei professionisti della televisione e di tutti i media non siano attenti a valutare l’ampiezza del loro potere.

Ogni potere, e soprattutto un potere gigantesco come quello dei mass media e della televisione in primis, può e deve essere controllato, e non ha senso discutere sui pericoli potenziali della televisione: è una scelta esclusivamente personale quella di usare o meno la forza dei mezzi di comunicazione e i vantaggi del ruolo che si riveste per farsi le proprie ragioni, per difendere i propri ideali.
Il lavoro del giornalista è un lavoro che deve essere svolto con profondo senso di responsabilità, correttezza e moralità, perché i suoi effetti si ripercuotono inevitabilmente sulla cittadinanza; è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede.
I giornalisti, e in questo caso il conduttore di un programma televisivo di così grande rilievo quale è Michele Santoro, non deve mai dimenticare di essere per tutti i cittadini un potenziale paladino della libertà e del pluralismo, che deve tutelare e garantire equilibrio ed equità.
Poco importa se in questo, come in molti altri programmi televisivi che si occupano di politica, non si fa altro che ripetere continuamente le stesse cose: l’importante è che al banchetto siano tutti invitati, e che tutti possano dire la loro…

(pubblicato su Il Paese Nuovo articolo del 12/10/2007 – Città Magazine articolo del 16/10/2007 – L’Ora del Salento articolo del 20/10/2007 – Espresso Sud  articolo del novembre 2007)

di Paolo Pagliaro