Giusto puntare sulla Regione Salento

21 Giugno 2010 Giusto puntare sulla Regione Salento

 

L’idea del Grande Salento racchiude in sé un grande fascino culturale e politico.

Ma il bilancio ha un saldo negativo, e si rivela insufficiente.

Il Grande Salento non ha potere decisionale, non è “fabbro del suo destino”. Ed anche le persone serie e tenaci che hanno combattuto in questi anni per ottenere attenzione politica hanno avuto fra le loro mani una sola arma: il cappello il mano dell’elemosina. Un’elemosina affidata alla proverbialmente scarsa generosità dei “pugliesi altri”: quelli di terra di Bari. Il Grande Salento non è riuscito a produrre i risultati sperati. Il solo Florido ha faticosamente spuntato alcuni finanziamenti per iniziare i lavori della bradanico-salentina. Collegare Taranto e Lecce per la politica barese non è mai stata una priorità, in una Regione così lunga. Nella trasmissione televisiva Open gli attuali Presidenti sostengono che il programma delle infrastrutture è, oggi come quattro anni fa, lo stesso. Ed è questa la cartina al tornasole di un sostanziale insuccesso dettato dal baricentrismo degli interessi.

Interessi lontani da un sistema di porti (Taranto, Brindisi, Gallipoli) e aeroporti (Brindisi e Grottaglie) che è un nostro diritto, e non una gentile concessione di chi “decide”. La politica è lontana dalla gente perchè il fulcro delle decisioni non è prossimo al nostro territorio. E prossimità significa senso di responsabilità, e quindi efficienza. Ed anche un Senato Federale su scala pugliese avrebbe controindicazioni simili.

Una giunta regionale con soli quattro (capaci) assessori dell’area ionico-salentina è un segnale insufficiente. Il nostro destino non si può immaginare secondo lo schema attuale, che vede i Presidenti delle nostre Province recarsi a Bari, a Roma o a Bruxelles per rivendicare i servizi essenziali.

Non è con queste debolezze che possiamo affrontare la sfida del Federalismo.

Ed allora è necessario interrogarsi sull’identità e la storia delle Puglie (si, le Puglie), e sul nesso che lega questo popolo con la sua terra.

E’ una ricerca intorno a noi stessi divenuta urgente, imprescindibile, vitale.

Durante i lavori della Costituente Codacci Pisanelli si batté con grande vigore Politico per l’istituzione della Regione Salento ma era più potente il disegno contrario, quello firmato Aldo Moro e sottoscritto da Togliatti.

Codacci Pisanelli rimarcò il tradimento di una specificità territoriale, e fu profeta.

La “salentinità” è un sentimento, una condizione psicologica, un privilegiato rapporto d’amore.

E’ salentina la musica, la moda, la località turistica presa d’assalto, l’industria del vino, i tamburelli della Notte della Taranta, sbarcati anche in Cina. E’ salentino il barocco, sono salentini i Negramaro, i Sud Sound System, ed Al Bano. Rodolfo Valentino e Tito Schipa hanno realizzato il sogno americano. E ci sono anche gli stilisti, come Calignano e Capasa. Ci sono i jeans della Meltin’pot che vantano migliaia di clienti da un capo all’altro del globo. Ma il Salento è anche narrazione, quella di Winspeare, che predica la necessità di un “collante culturale” per tenere insieme le Puglie.

Si, le Puglie. Istituire una nuova regione non è impossibile. La Costituzione indica modi e tempi. E’ necessario che un terzo dei comuni del territorio, con un numero di abitanti non inferiore al milione, deliberi questa volontà. E il Grande Salento vanta 1.800.000 abitanti. Se diventasse una Regione sarebbe l’undicesima, con più abitanti di Sardegna, Liguria, Marche, Abruzzo, Friuli, Trentino, Umbria, Basilicata, Molise e Valle D’Aosta. In seguito deve essere indetto un referendum popolare in tutto il territorio della Costituenda Regione, per poi sbarcare in Parlamento come legge costituzionale, previo parere consultivo ma non vincolante della Regione.

Vorrei qui solo ricordare che dei fondi messi a disposizione dalla Regione Puglia per il quinquennio 2007-2013, ben il 70 % è stato investito nella provincia di Bari, mentre solo il 30 % nelle restanti province: Lecce, Brindisi, Taranto, ma anche Foggia. Esemplare è il caso dei trasporti: dell’1,4 miliardi di euro disponibili, 900 milioni spesi per la città di Bari.

Quindi, la spesa pro-capite per i cittadini baresi è di 1,45 euro, mentre per gli abitanti del resto del territorio regionale di soli 14 cent.

Per le manifestazioni culturali alla provincia di Bari è stato destinato il 60% dei finanziamenti, mentre le altre province si son dovute spartire il 40%. Per non parlare della sanità.

Anche sul fronte dei costi della politica, l’istituzione della Regione salentina sarebbe conveniente: un Consiglio regionale del Salento conterebbe 31 membri, quanti sono i salentini attualmente in Via Capruzzi. Ma si risparmierebbe sui costi delle trasferte a Bari.

La Puglia nella storia non esiste: è solo il frutto di una scelta burocratica.

di Paolo Pagliaro

Lecce, 21 giugno 2010