Una Regione modello per l’Italia

1 Ottobre 2010 Una Regione modello per l’Italia

UNA REGIONE MODELLO PER L’ITALIA

L’editore di Telerama scende in campo per
chiedere, con la formula del referendum,
l’autonomia della Regione Salento e attacca
i massimi sistemi: «L’ostacolo maggiore?
La trasversalità tra Fitto e Vendola»

Intervista di Michele Montemurro 

Non sarebbe il primo e neppure l’ultimo editore televisivo a buttarsi in politica. Prima di lui c’ha pensato l’attuale presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, ma ancor prima in Puglia come del resto in Italia, il pioniere è stato Giancarlo Cito da Taranto. Paolo Pagliaro, giovane editore dell’emittente salentina Telerama, la sua Regione Salento l’ha creata dapprima in tivù: aprendo redazioni, oltre che a Lecce, anche a Taranto e Brindisi. Per il momento non ha intenzione di “scendere” in politica ma Pagliaro la sua “scelta di campo” l’ha già fatta e si chiama Salento, fondando un movimento per chiederne l’autonomia attraverso la collaudata formula del referendum.

Vendola ha etichettato la sua idea come «leghista», ma Pagliaro durante gli incontri che sta facendo girando come una trottola per le tre province, a differenza del Carroccio non canta canzoni tipo il “Va pensiero”, né si presenta con la pochette colorata sulla giacca. Al massimo, se qualcuno glielo fa notare, accenna un sorriso. Non si sa ancora, invece, come reagirebbe se fosse “pizzicato”: forse, da salentino “doc”, ascolterebbe con piacere un pezzo del maestro Uccio Aloisi. Osservando il suo aplomb, sarebbe difficile immaginarlo, come il Senatur a Ponte di Legno, col dito medio alzato in preda alla goliardia, magari durante un’edizione della Notte della Taranta. La sfida Pagliaro se l’è
cercata ed è entrato, inevitabilmente, nel “tritacarne” dei media.

Dottor Pagliaro, non crede che il percorso della Regione Salento possa essere frenato da una matrice culturale che non accomuna interamente le tre province?

Certo che no. Le ragioni storiche, che esistono, oggi cedono il passo a una visione proiettata all’immediata prospettiva. Le ragioni di questa battaglia sono politiche, sociali, economiche. Il dibattito sul Federalismo sta per sfociare in una rivoluzione istituzionale. La mamma della Regione Salento è la Terra d’Otranto. Il padre del mio sogno si chiama futuro. Taranto, Lecce, Brindisi hanno la medesima dignità e soprattutto la medesima aspirazione: quella di poter fabbricare il proprio destino coi propri cervelli, plasmandolo sulle proprie esigenze, soprattutto infrastrutturali. Crede che se il Salento fosse una Regione, saremmo ancora in attesa di una strada fra Lecce e Taranto degna di questo nome? Staremmo ancora aspettando la questua per i dragaggi del Porto? O vogliamo parlare dello scippo dell’interporto a Taranto? Non ci sto ad immaginare un futuro in cui tutti noi attendiamo con il cappello in mano nella speranza che Bari si ricordi di noi ai tavoli nazionali ed europei. Salento Regione d’Italia e d’Europa. E lo affermo con vigore, anche per rispondere a chi parla di secessionismo,di leghismo. Tradiscono il nostro vocabolario per strumentalizzare la nostra posizione, che temono. E che teme soprattutto certa politica, arroccata su uno status quo che non va bene a nessuno tranne che ai privilegiati.

Non ritiene opportuno, prima di un eventuale referendum, disegnare un piano strategico per lo sviluppo delle tre aree da sottoporre prima all’attenzione della Regione Puglia?

Il primo grande risultato lo abbiamo raggiunto. Oggi il tema della “questione salentina” è finalmente centrale nel dibattito. Questa stessa intervista lo dimostra. Il vostro interesse è la cartina al tornasole dell’importanza di una pagina strappata senza ritegno dall’agenda della politica. Adesso, per merito dell’attenzione dei media alla nostra iniziativa, tanti rappresentanti istituzionali sono piegati a frugare nel cestino della spazzatura sotto la loro scrivania per recuperare i temi che sono la causa della loro esistenza politica, e devono diventarne anche l’effetto.
La Regione Salento è l’unica cornice possibile entro cui disegnare il piano strategico di cui lei parla: Regione vuol dire risorse, prossimità, conoscenza del territorio, efficienza e risparmio. Si, risparmi. Sarà una regione virtuosa, che nasce in un momento di crisi, che ha dovuto macellare le vacche grasse per non morire di fame. Sarà un modello per tutte le altre Regioni d’Italia.
Il piano per lo sviluppo c’è, si chiama Cantiere Salento, e ci sono intelligenze qualificate ed appassionate al lavoro per una sorta di Piano Territoriale di Coordinamento Regionale che
parte dai vantaggi economici, dalle infrastrutture e dalle misure per le imprese, partendo dalle più piccole.

Quali sarebbero i principali fattori positivi e negativi per le tre province nella Regione Salento?
La Regione Puglia destina il 70% delle risorse a Bari e dissemina il restante 30% sulle nostre province. Il Piano dei trasporti, o gli investimenti culturali, il marketing territoriale o le infrastrutture o i sostegni alle imprese, poco importa. La proporzione è all’incirca sempre quella. Una Regione che conterebbe 1.800.000 abitanti come il Salento (l’undicesima d’Italia), circa la metà dei pugliesi delle Puglie, e che produce un Pil che col federalismo fiscale sarà rivalutato, avrebbe risorse enormemente superiori e totale autonomia nell’impegnarle. Le sembra sufficiente? Fattori negativi francamente non ne vedo per chi ha voglia di lavorare, di spendersi e di combattere, a partire dall’Alta Capacità – Velocità, che non può fermarsi a Bari. Vedrete quanto sarà più difficile far fuori una Regione rispetto a cancellare dal progetto tre province. Del resto il Salento questa amputazione l’ha già subita quando fu costruita l’autostrada. Il nostro Movimento è trasversale, indipendente e chiede a tutta la politica di sostenerlo o, almeno, di non porre veti.
Oggi il principale ostacolo è rappresentato dalla contrarietà di un pezzo della classe politica, che è trasversale e va da Fitto a Vendola. Ma il dato positivo è che questa posizione dei leader non si è trasformata in un veto per i 146 sindaci che si apprestano a portare in Consiglio comunale l’ordine del giorno sul referendum popolare, che raccoglie consensi trasversali tra e nei partiti. Perché l’obiettivo è quello di far decidere democraticamente i cittadini. E quel giorno sarà l’alba della Regione Salento.

Paolo Pagliaro

Taranto, 1 ottobre 2010