Pagliaro: io, annessionista, punto su regioni più piccole ma virtuose

26 Aprile 2011 Pagliaro: io, annessionista, punto su regioni più piccole ma virtuose

Paolo Pagliaro lancia il federalismo funzionale

Obbligare le imprese a pagare le tasse nel territorio in cui producono reddito è sempre stato un tassello del vostro modello di nuovo federalismo, quello che presiede anche alla proposta di istituire la regione Salento. Quanto, economicamente, la realizzazione di questa ipotesi cambierebbe l’economia del Salento?
Radicalmente. I nostri economisti del Cantiere Salento ci dicono che il tessuto economico salentino è di per se vivacissimo ed il suo trend è in forte e costante crescita. Ma se a questo sommassimo il pagamento dei tributi in loco dei grandi gruppi industriali, della grande distribuzione, delle banche, delle infrastrutture turistiche e delle tante altre aziende che producono sul nostro territorio ma i cui ricavi milionari vengono tassati a beneficio del Nord o addirittura di altre nazioni del mondo, il nostro dato economico interno sarebbe non solo assolutamente consistente ed autosufficiente, ma addirittura indice di ricchezza. Lo dico in particolare perché, nell’ottica di una Regione Salento, un federalismo fiscale genuino, combinato con una gestione autonoma e dunque non Bari-centrica, ci consentirebbe finalmente di realizzare le infrastrutture e un modello di sviluppo del Salento in linea con le nostre vocazioni.

E’ una questione che riguarda soprattutto i grandi gruppi industriali? E’ su quelli che deve fare affidamento il Sud per recuperare il divario? La proposta, infatti, è stata rilanciata sul Corriere del Mezzogiorno da Emilio Riva, patron dell’Ilva.
Intanto Riva porti domattina la sede sociale dell’Ilva a Taranto, altrimenti i suoi proclami sanno tanto di concessioni e non ne abbiamo bisogno. Questo ragionamento è importante ma non esaustivo. Quello dell’Ilva non è il modello di sviluppo che ho in mente per Taranto e per il Salento. Ma se l’Ilva, la Centrale Federico II di Cerano, il Petrolchimico, l’Alenia e via dicendo pagassero le tasse sul territorio, sarebbe un parziale risarcimento. Certo, Alenia a parte, quest’idea vale in via transitoria, cioè sino a quando questi grandi gruppi non si rendano finalmente conto di essere nel posto sbagliato nel momento storico sbagliato. Il Salento, da sempre colonizzato e saccheggiato, deve cessare di essere terra di conquista. Ma deve soprattutto cessare di essere lo sgabuzzino d’Italia in cui infilare le cose che non si vogliono in casa propria: miliardi di tonnellate di Co2 e di diossine sono un peso insopportabile. Questo modello industriale deve “sloggiare” dal Salento nei tempi piu’ rapidi possibili e dopo aver riconvertito i suoi tanti lavoratori. Ogni uomo, ogni donna e ogni bambino che si ammala di tumore mi fa male due volte: la prima per il dramma in sè, la seconda perché nessuno mi leva dalla testa che le aziende che ho citato siano “ambientalizzabili”. Vedo le istituzioni regionali molto attente a trattare con il signor Riva e con gli altri, e molto poco attente alla carenza di infermieri e medici nei reparti di Oncoematologia pediatrica degli Ospedali del Salento. Questo mi fa male. Molto.

Questa ipotesi deve riguardare, secondo lei, ogni tipo di imposta?
Deve riguardare la quota di imposte relativa alla competenza delle Regioni. Più poteri (io preferisco il termine “responsabilità”, anziché poteri) avranno le Regioni nel modello federale dello Stato, tanto più alta dovrà essere la quantità e la quota di introiti provenienti dal territorio. Poi le Regioni del Sud, stando agli intenti, dovranno avere risorse iniziali di perequazione solidale, ammesso che le sappiano spendere. Il precedente dei Fondi Fas e dei fondi europei per le regioni del Sud non è incoraggiante. Questo è un dato che coinvolge e travolge la Puglia. Un motivo in più per volere la Regione Salento.

Crede che far pagare le tasse sul territorio che sopporta il peso della presenza dell’impresa, risarcirebbe, non solo economicamente, quei cittadini? Renderebbe le imprese più responsabili per esempio sotto il profilo ambientale?
No. Le imprese ad alto impatto ambientale devono varare la propria exit strategy (piano di fuga) dal Salento. Considero il pagamento delle imposte sul territorio una vicenda provvisoria, un ristoro parziale, nel breve o medio periodo, rispetto ad un’idea netta: chi inquina non può trovare posto in una terra che deve fare del benessere e della qualità della vita il proprio Pil. Immagino che sia nel tempo sempre di più il settore del terziario, dell’agricoltura, del turismo, della cultura, del manifatturiero la nostra forza. Lo dico per chiarezza: i vari Club Med, ben vengano. A patto di essere paesaggisticamente compatibili e di pagare le tasse sul territorio. Così come le Coop, i Carrefour, gli Auchan e le aziende che realizzeranno le opere pubbliche e le infrastrutture nel Salento. Ed anche le aziende che vendono i loro prodotti sui nostri scaffali dovrebbero versare le imposte nel Salento per la loro quota di mercato. Per capirci, il signor Barilla paghi pure le tasse a Parma, ma la sua azienda le paghi dove vende la pasta. Così come è necessario agevolare fiscalmente i prodotti locali. Così, con una strategia che renda economicamente vantaggiosi i prodotti a Km100, il “raggio” del Salento, si aiuterebbe l’economia locale e si indurrebbe il consumatore all’acquisto intelligente.

Il federalismo fiscale, così come si sta definendo, rappresenta secondo lei più un’occasione per colmare il divario o più un rischio per il Mezzogiorno del Paese?
Senza un decreto delegato attuativo nella direzione fiscale di cui sopra, il Federalismo per noi sarebbe la morte. I parlamentari del Sud, e del Salento in particolare, su questo alzino le barricate. Ma nella direzione che ho tracciato in precedenza, il Federalismo può essere una straordinaria opportunità. Non dobbiamo aver paura di essere i fabbri responsabili del nostro destino. E’ ovvio che dev’essere un Federalismo inizialmente solidale, un Federalismo che non costringa i Sindaci ad elevare le tasse senza far corrispondere servizi e risparmi adeguati al cittadino, e non per ultimo, non dev’essere un Federalismo Bari-centrico. Oggi il Salento subisce due centralismi: quello barese e quello romano. Con la Regione Salento si abolirebbero entrambi.

Il vostro modello federalista, quello che sottende alla istituzione di una nuova Regione Salento, non rischia di aggravare la spesa pubblica in un momento in cui maggiormente si avverte l’esigenza di contrarla?
Le regioni nascono in un contesto, quello degli anni ’70 dello scorso secolo, che era un periodo post boom economico e di spiccato clientelismo. Quello della Regione Salento sarebbe un modello virtuoso da esportare, senza sprechi, privilegi, prebende e senza le Province, gli Ato e altri enti carrozzoni. L’idea della Regione Salento si innesta in un progetto riformista e regionalista di un’Italia non più formata da 20 Regioni spesso disomogenee e da 110 Province “inutili”, bensì composta da 30 Regioni di dimensioni ottimali, ognuna con la propria spiccata identità culturale, efficienti e prossime al cittadino. Così si potrebbe con facilità prevedere l’abolizione delle Province, sul modello dell’Europa delle Regioni, che consentirebbe una riduzione della spesa pubblica superiore al 50%. E che sia chiaro: l’idea della Regione Salento non è contro nessuno, tanto meno contro la Puglia a nord di Fasano: ne trarrebbe anch’essa giovamento.

Al di là dei costi, in che modo una regione Salento ridurrebbe la situazione che denunciate di sistematico sfruttamento per il territorio, senza vantaggi per i cittadini che in quel territorio vivono?
Le rispondo con una domanda: secondo lei, dei governanti che conoscono davvero il territorio, consentirebbero mai di allargare le maglie del fotovoltaico al punto tale da farci entrare cinesi e spagnoli che importano lo schiavismo terzomondista in casa nostra? La “fuga sui tetti” ipotizzata dalla Regione Puglia è tardiva, ed oggi sa tanto di beffa.

Pagliaro, perché non vi si dovrebbe considerare secessionisti?
Noi siamo annessionisti, altro che secessionisti. Noi vogliamo finalmente e veramente unire all’Italia, dopo 150 anni, questa zona di sud del sud, e avvicinarci all’Europa. Perché noi vogliamo portare nel Salento l’alta velocità, l’autostrada, un aeroporto con più tratte e dei porti, rispettivamente quello di Brindisi e quello di Taranto, adeguatamente infrastrutturali per le crociere e per le merci. Questo è un progetto di “annessione” al Paese Italia, è il nostro virtuale ponte sullo Stretto. Basta crederci, e io ci credo. Noto che in tanti, piano piano, iniziano a dialogare con noi sulle cose da fare. Noi che siamo la cosiddetta società civile abbiamo solo un merito: quello di aver evidenziato la questione salentina e di averla finalmente portata al centro dell’agenda politica.

di Adriana Logroscino

Lecce, 26 aprile 2011