Esimio Presidente Giorgio Napolitano,

24 Giugno 2013 Esimio Presidente Giorgio Napolitano,

Vi scriviamo questo appello a nome di tutti i cittadini del territorio salentino che in questo momento così delicato di congiuntura socio-economica si rendono espressione di una problematica nazionale di ben più ampia portata. Tale documento si rivolge alla volontà di analizzare insieme a Voi, almeno a livello basilare, uno spaccato di vita provinciale in cui si riversa la percezione di insicurezza che il cittadino vive attualmente in questo Paese. Noi salentini crediamo fortemente in una prospettiva etica secondo la quale è opportuno rileggere il corso delle cose per non perdere il limpido sguardo diagnostico che coincide spesso con la scelta di strategie oculate e l’ottenimento di buoni risultati, in relazione a qualsivoglia malcontento popolare e seppure talvolta faticosamente raggiunti. La capacità di percepire la nostra epoca unitamente ad un acuto senso di risoluzione delle falle apportate dalla crisi economica, nonché l’essere attivi in modo subitaneo per prevenire la frantumazione e il pericolo cui viene a trovarsi la società odierna è compito primario degli uomini di politica. Questa è già di per se un’epoca incerta che progetta perciò il proprio futuro con grande difficoltà e grandi gesti e che concepisce il proprio programma come opportunità di una modernità disincantata, in cui tuttavia disponiamo del potere di farci fautori di una più alta umanità. Il senso che questo appello vuole proporsi non è quello di correggere le visioni di altri ed evidenziare le eventuali falle dei già adottati provvedimenti dello Stato in riferimento alle problematiche che di seguito evidenzio, quanto piuttosto di poter offrire suggerimenti che interpretano e descrivono le necessità dei cittadini affinché il nostro Paese possa poggiarsi su risoluzioni e strumenti non più provvisori. Il termine ‘sicurezza’ che racchiude in sé l’ ‘assenza di preoccupazione’ dovrebbe poter essere ricollocato alla conoscenza che l’evoluzione di un sistema non produrrà stati indesiderati, se anche una condizione di assenza di pericoli difficilmente potrà mai esistere, occorre tuttavia accostarsi sempre più all’utilizzo di strumenti efficaci atti a garantirla. Nell’ultimo biennio abbiamo assistito a uno stillicidio di sangue, Roma si è tinta di sangue con continui omicidi e criminalità dilagante. Nell’anno 2011 Roma registrava già una lunga serie di omicidi efferati (37), nei primi otto mesi del 2011 vi erano già 88 tentati omicidi, 275 violenze sessuali e circa 4000 rapine. Situazione analoga si è verificata nel milanese, area nella quale i crimini si sono distribuiti in modo omogeneo in tutti i quartieri della città, venendo così meno la diffusa equazione tra periferia e criminalità, che visto questo risultato, non può che essere ridimensionata. La situazione si aggrava ancor di più se consideriamo che tra tutti i fatti criminali che accadono, soltanto alcuni vengono denunciati alle forze dell’ordine ed altresì che tra tutti i fatti criminali denunciati, soltanto alcuni vengono riferiti dalle forze dell’ordine ai giornalisti. Ed in ultimo, tra tutti i fatti criminali prima denunciati alle forze dell’ordine e poi dalle forze dell’ordine riferiti ai giornalisti, soltanto alcuni divengono notizie di cronaca nera. I fatti delittuosi elencati pocanzi sono pertanto una porzione molto piccola di tutti gli episodi registrati dalle forze dell’ordine ed una porzione ancor più ridimensionata dei crimini effettivamente avvenuti.
Un macrocosmo che si riflette nel microcosmo ed un tutto che trova ricettacolo ultimo in una parte del tutto, ovvero nel nostro territorio salentino che, sempre nell’ultimo biennio, ha registrato oltre 70 episodi di danneggiamenti di auto con incendi al seguito, ritrovamenti di armi, esplosione di ordigni, danneggiamenti ad attività commerciali, eventi indicativi delle notevoli capacità intimidatorie messe in atto dalla malavita ai danni del nostro territorio. Il Brindisino in particolare, si è fatto teatro di una recrudescenza del fenomeno criminale organizzato mettendo sempre più in evidenza una condizione di precarietà in fatto di sicurezza e ordine pubblico. Tutto ciò può addebitarsi ad un numero insufficiente di agenti delle forze dell’ordine dislocati sul territorio, alla carenza di risorse e mezzi destinati alla funzione di sicurezza e ordine pubblico e non in ultimo all’insuccesso delle metodologie già adottate come l’installazione di sistemi di video-sorveglianza per le strade cittadine che, in particolare nel Leccese, non hanno rappresentato un efficace deterrente per i malviventi né un fattore influente nel ripristino del sentimento di sicurezza nel cittadino, il quale a nostro avviso necessita di una presenza fisica, di calore, di contatto che solo gli agenti possono infondere. Attualmente risulta che l’Arma abbia un deficit di organico di oltre 7000 unità, con un numero di 2000 stazioni non più operanti, chiuse al pubblico. Allo stesso modo, in particolare nel Salento, vi è un numero rilevante di caserme che operano in orario ridotto, con tutte le conseguenze e le difficoltà del caso. Operare con orari ridotti vuol dire per il cittadino doversi rivolgere al pronto intervento limitrofo al proprio comune di residenza, e ciò non è del tutto rassicurante specie nei casi di aggressioni che necessitano di un arrivo immediato degli agenti sul posto, venendosi a configurare i fattori di necessità ed urgenza. Nell’anno 2012 il territorio salentino è stato spettatore di un netto aumento dei fatti di sangue, e seppure l’azione della magistratura ha fatto il suo corso ridimensionando il gravoso scenario, è necessario intervenire per fare molto altro, anche in vista del fatto che i gruppi malavitosi hanno trovato nella crisi terreno fertile per rilanciare i propri traffici criminali di droga e armi da fuoco. In tal senso occorre potenziare le azioni atte a riportare il cittadino al benessere personale che si traduce in benessere collettivo e risorsa di sviluppo per il nostro Paese. Fondamentale è il costante monitoraggio della percezione sensoriale che il cittadino ha degli strumenti a contrasto della criminalità posti a disposizione dallo Stato e quindi delle risorse da utilizzare a tale scopo, nonché la dimensione emotiva dello stesso in riferimento a due maggiori percezioni di insicurezza: una concreta, di vita vissuta, personale che riguarda la zona di residenza, il quartiere , lo spazio urbano di vita e una astratta, di tipo pubblico, intesa come città, regione. Inoltre l’acuirsi della crisi ha aggravato notevolmente il quadro già di per sé allarmante: la mancanza di una casa, di una stabilità nel lavoro unitamente a eventuali problematiche di matrice affettiva sono fattori che possono incidere pesantemente sull’equilibrio psicofisico di un essere umano e quando non vi sono appoggi e sostegni validi tramite i quali poter attenuare la sofferenza, il disagio, il politico di turno finisce con il rappresentare la possibile risposta ai problemi ma anche la più delineata figura vittimale per possibili atti di ritorsione, eventi che si sono verificati in gran numero nel nostro territorio.
Tali atti vanno analizzati secondo una visione che abbracci una coscienza di sé e nel contempo una coscienza collettiva di responsabilità in grado di fornire un reale significato al tutto e suggerirne le reali adeguate soluzioni. L’attuale quadro geopolitico richiede in definitiva un innalzamento dei livelli di sicurezza interno ed esterno, e il continuo deficit di personale delle Forze armate e delle Forze di polizia non depone certo a favore di un impiego più capillare.
In conformità all’ Art. 57.
Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria.
1. Salve le disposizioni delle leggi speciali, sono ufficiali di polizia giudiziaria:
a) i dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovrintendenti e gli altri appartenenti alla polizia di Stato ai quali l’ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;
b) gli ufficiali superiori e inferiori e i sottufficiali dei carabinieri, della guardia di finanza, degli agenti di custodia e del corpo forestale dello Stato nonché gli altri appartenenti alle predette forze di polizia ai quali l’ordinamento delle rispettive amministrazioni riconosce tale qualità;
c) il sindaco dei comuni ove non abbia sede un ufficio della polizia di Stato ovvero un comando dell’arma dei carabinieri o della guardia di finanza.
2. Sono agenti di polizia giudiziaria:
a) il personale della polizia di Stato al quale l’ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;
b) i carabinieri, le guardie di finanza, gli agenti di custodia, le guardie forestali e, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza, le guardie delle province e dei comuni quando sono in servizio.
3. Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’articolo 55.
Ed in conformità all’Art.77 COMMA 2 DELLA COSTITUZIONE
La Costituzione riconosce al Governo la possibilità di emanare atti che si collocano sullo stesso livello delle leggi nelle gerarchia delle fonti. Per fonti s’intende tutti quei sistemi giuridici che appartengono all’ordinamento giuridico italiano. In questo contesto si inseriscono I DECRETI LEGGE che sono degli atti normativi aventi Forza di legge e che vengono adottati in situazioni eccezionali dal Governo senza l’autorizzazione preventiva delle Camere.
2) I PRESUPPOSTI DEL DECRETO LEGGE, DI CUI ALL’ART.77 DELLA COSTITUZIONE. L’art.77 comma 2 della Costituzione prevede la possibilità che, in caso straordinario di necessità ed urgenza, il Governo emani decreti legge. Più in dettaglio, sono proprio la necessità e l’urgenza che legittimano l’avocazione al potere esecutivo della funzione legislativa. Il potere di emanare decreti legge compete soltanto al Consiglio dei Ministri come organo collegiale e non anche ai singoli Ministri. La legge n.400/1998 all’art.15 ha posto una serie di limitazioni all’adozione dei decreti legge. Infatti, i decreti legge devono necessariamente indicare le circostanze straordinarie di necessità’ e di urgenza che ne giustificano l’adozione, nonché dell’avvenuta delibera del Consiglio dei Ministri.
3) PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL DECRETO LEGGE. Con i presupposti di NECESSITA’ ED URGENZA, IL Consiglio dei Ministri delibera il decreto legge con invio immediato al Parlamento. L’Approvazione avviene entro 60 giorni dalla pubblicazione, successivamente tale decreto viene convertito in legge. Segue la promulgazione pubblicazione e l’entrata in vigore. Se il decreto viene approvato entro 60 giorni esso decade le camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.
Chiediamo di poter vagliare l’opportunità di un decreto legge per un reintegro in fase operativa dei Carabinieri Ausiliari, ovvero 7000 giovani uomini che pur avendo prestato servizio allo Stato con abnegazione e spirito di sacrificio, si ritrovano da oltre un decennio esclusi da ogni possibilità di partecipazione a concorsi per rientrare nell’Arma ed esclusi da qualsiasi opportunità di reintegro nella stessa.
Con la denominazione di ‘’Carabinieri Ausiliari’’vennero assunti nel 1917 (Decreto Luogotenenziale n. 357 del 25.2.1917) 12.000 caporali e soldati di tutte le Armi e Corpi destinati ad assicurare all’Arma dei Carabinieri una forza numerica adeguata alle molteplici necessità di servizio determinate dallo stato di guerra. Essi vennero ripartiti tra i comandi territoriali dell’Arma, previa selezione basata sui requisiti richiesti dall’attestato di idoneità morale rilasciato come per ogni arruolamento nei Carabinieri, a firma di un ufficiale. Con Decr. Luog. 2 dicembre 1917 ne vennero reclutati altri 6.000.
Con Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 857 del 9 novembre 1945 venne disposto il reclutamento “volontario” di Carabinieri Ausiliari , per la ferma di leva di 18 mesi tra i giovani appartenenti alla classe chiamata alle armi. Con esplicito richiamo al suddetto Decreto, la successiva legge 18 febbraio 1963 mantenne l’arruolamento di giovani aspiranti a compiere la ferma di leva nell’Arma dei Carabinieri stabilendo che essi, dopo avere frequentato con esito positivo un corso d’istruzione di tre mesi presso le Legioni Allievi, godessero dei trattamento economico previsto per i carabinieri effettivi.
La legge 11 febbraio 1970 n. 56 aggiunse alla condizione preesistente di arruolamento dei Carabinieri Ausiliari nei limiti delle vacanze nei quadri organici, quella “dei limiti dei posti disponibili nel contingente determinato annualmente con legge di bilancio”. Per quell’anno infatti essi furono 1300.
In seguito alla sospensione del servizio di leva con la legge 226/2004 con il giuramento del 21 gennaio 2005 alla scuola di Fossano, e del successivo 28 gennaio in quella di Benevento, sono terminati i corsi dei Carabinieri Ausiliari.
Ai sensi del primo comma dell’art. 16 della legge 23 agosto 2004 n. 226, il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare, è riservato ai volontari di Esercito, Marina e Aeronautica in ferma prefissata di un anno (ovvero in rafferma annuale) in servizio o in congedo. Invece un militare congedatosi senza demerito dopo aver prestato servizio presso la stessa Arma dei carabinieri, non può partecipare ai concorsi banditi da quest’ultima. Tale disparità di trattamento derivante direttamente dalla legge 23 agosto 2004, n. 226, risulta irragionevole ed illogica oltreché costituzionalmente illegittima in riferimento all’art. 3 della Costituzione. I carabinieri ausiliari potevano, difatti, permanere in servizio a domanda in qualità di carabinieri effettivi, previa verifica dei requisiti previsti, commutando i periodi di ferma volontaria di leva in ferma quadriennale, nel limite del 30 per cento del volume organico delle immissioni annuali e tale possibilità di arruolamento restava aperta anche ad altre categorie di personale; il decreto-legge 16 aprile 2002, n. 64, convertito nella legge 15 giugno 2002, n. 116, provvide al reintegro in servizio nell’Arma dei Carabinieri per le esigenze delle forze di completamento (tale normativa è stata reiterata anche nel 2003), ma ha favorito soprattutto coloro che hanno prestato servizio come “carabiniere ausiliario in ferma biennale” discriminando i restanti carabinieri in congedo.
Ulteriori opportunità occupazionali in favore dei carabinieri ausiliari congedati furono introdotte dalla legge 23 agosto 2004, n. 226, che prevedeva sia l’istituzione, per l’anno 2005, di una riserva pari al 70% dei posti disponibili per il reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno, a favore dei volontari in ferma annuale, in servizio o in congedo senza demerito e al personale che avesse completato senza demerito il servizio di leva, in qualità di ausiliario nelle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, ma non si tenne conto che i più dei carabinieri ausiliari erano fuori età ponendo un limite d’età a 23 anni, innalzato solo successivamente a 25 anni creando sempre più strane e colpevoli disparità.
Ciò avrebbe consentito solo ad una parte di personale, a decorrere dal 1° gennaio 2006, di partecipare ai concorsi per l’accesso nelle carriere iniziali dei carabinieri oltre che delle altre forze di polizia e delle Forze armate, perdendo, comunque sia il grado prima acquisito (corrispettivo del caporal maggiore dell’Esercito) per riacquisirlo successivamente al completamento del nuovo corso militare e perderlo, magari, nuovamente se non si superava l’ulteriore rafferma creando sempre più precariato e dando, probabilmente, la possibilità di lucrare sui nuovi corredi che di volta in volta venivano mandati al macero al completamento del periodo di ferma. Vittime di questo gioco sono stati i ragazzi di allora, oggi giovani uomini in attesa di giustizia.
I carabinieri ausiliari potrebbero costituire quel valido ausilio come forza sussidiaria di cui necessitano le regioni e le città del nostro Paese, consentendo di venire incontro al bisogno di protezione, calore e conforto umano che i carabinieri da sempre trasmettono alla popolazione; ridimensionare il fenomeno sociale di diffusione dell’illegalità potendo costituire essi un provvedimento definitivo e non una misura provvisoria come l’utilizzo dei militari dell’esercito nelle zone urbane con più alto rischio; non gravare, con insostenibili spese, sulle risorse economiche dello Stato, in quanto uomini già formati per i quali potrebbe essere sufficiente un corso di ricondizionamento della durata di pochi mesi per tornare da subito operativi sulle strade; adempiere al senso di giustizia rispetto ad una condizione rimasta irrisolta e arginare nel contempo lo stato di precarietà occupazionale in cui versano molti degli ex ausiliari dell’Arma; restituire a fedeli servitori dello Stato le proprie divise, che essi sono disposti ad acquistare di tasca propria e se necessario, ad autofinanziare il corso di ricondizionamento; ripristinare la carenza di organico delle forze dell’ordine ristabilendo altresì l’equilibrio demografico che vi deve essere tra il numero di abitanti compresi in un’ area e il numero delle Forze dell’Ordine nell’area stessa; ripristinare il fattore di percezione “oggettiva” della sicurezza soprattutto a livello di “polizia di prevenzione”.
Augurandoci con questa nostra, di aver abbracciato il senso della morale che vada oltre quella dell’individualità, puntando a una visione della vita comune dell’individuo collettivo, affinchè non si conduca la vita stessa nell’autocomprensibilità dell’esclusione e dell’indifferenza, ci auguriamo di poter trovare insieme a Voi termini e punti d’orientamento comuni.

Con distinto rispetto,

Paolo Pagliaro – Presidente Movimento Regione Salento
Antonella Marchisella – Delegata contatti stampa carabinieri ausiliari

Lecce, 24 giugno 2014