Turismo: nessuna via d’uscita senza cabina di regia

foto palcom

13 Agosto 2015 Turismo: nessuna via d’uscita senza cabina di regia

Anche quest’anno bene ha fatto il Direttore a stimolare la riflessione sull’argomento d’attualità che vive il nostro territorio. Le tante analisi sul turismo che si leggono anche in questi giorni hanno il merito di porre l’accento su temi caldi ed urgenti ma ho paura che siano prive di una prospettiva di via d’uscita.

Non possiamo che essere contenti dell’enorme platea di turisti che affolla la nostra bella terra salentina, del resto si tratta di qualcosa che abbiamo fortemente voluto ed inseguito per anni attraverso tutta un’attività di comunicazione turistica che ha portato a buoni risultati. Abbiamo creato le condizioni, insomma, per trasformare un territorio apparentemente come tanti in una meta unica e irripetibile dove venire facendo a gara a chi arriva per primo.

Purtroppo avere tantissima gente sul proprio territorio non significa essere per forza una terra di turismo. Anche perché, voglio ricordare, che la realtà che viviamo è in parte frutto di un inganno. Ingannevole è stato il processo di conversione rapida e spontanea della nostra economia tradizionale basata sul manifatturiero, sul tessile, sul calzaturiero, sull’agricoltura, sul commercio, in una economia domestica fatta di accoglienza turistica. Oggi il mestiere di un salentino su due è quello di fare accoglienza o ristorazione. L’ancora di salvezza di economia a fortissima desertificazione è stato il turismo.

La nascita di migliaia di b&b è il segnale più evidente di quanto diciamo. Un’offerta alberghiera complementare che ha raggiunto livelli inimmaginabili e che non ha eguali in altre province o regioni. Il fiorire di esercizi dediti alla ristorazione nelle forme più disparate è l’inequivocabile campanello d’allarme di un economia debole che ha puntato tutto sull’unica speranza rimasta, altrimenti non sarebbe mai potuto accadere ciò che è accaduto in così pochi anni.
Morale: non c’è stata una pianificazione generale del territorio, né la necessaria programmazione, tantomeno tempi di adattamento e di rodaggio. Ma tutti, e in fretta, hanno cominciato a prendere il largo su zattere e battelli improvvisati pur di sfidare i sette mari dell’epopea turistica.

Un Eldorado che sta portando, come lungo i fiumi del west americano nell’800, a raccogliere quanto più oro si poteva trovare, costruendo miniere e avamposti per le stagioni fortunate. Poi, una volta esaurito il filone aureo, non è rimasto nulla, le miniere sono state chiuse e le città abbandonate, tramutate in città fantasma.

Il rischio è analogo, similare e probabilissimo. Reso imminente dalla mancanza di sguardo sul futuro, dall’assenza di una visione di territorio. Perché in Salento troppi girano la barca a seconda del vento che tira, senza scegliere una propria rotta, la direzione in cui decidiamo di volerci muovere.

E allora abbiamo microaree che predicano un turismo d’elite fino a svuotarsi e altre che accolgono tutto e tutti fino a tracimare. Si capisce quindi che non vì è alcun equilibrio, ma solo approssimazione e spirito di avventura.Troppo poco per poter sperare di durare a lungo. Senza una corretta semina non crescerà più nulla e prima o poi ci dimenticheremo di queste estati traboccanti e saremo dimenticati. Seppelliti dal peso angosciante delle mode di passaggio, perché questo è ciò che siamo, una moda delle vacanze.

Nel Salento non c’è ombra di politiche del turismo e chi dovrebbe mai preoccuparsene, la Provincia? Martoriata, senza risorse e poteri, alla canna del gas, semi abolita e offesa dal riformismo centralista degli ultimi tre governi? O la Regione, troppo grande, lunga e disomogenea, troppo lontana e Baricentrica che non ha mai brillato per attenzione verso i diversi territori e in particolar modo verso il Salento? Gli unici ad affrontare la questione sono i prefetti, ma se lo fanno loro è perché è tardi e i problemi ce li abbiamo già: significa che è mancata l’organizzazione. Le Prefetture affrontano il problema in termini di emergenza da contenere e superare, non certamente in termini politici.

Ci vorrebbe la proverbiale cabina di regia, che non abbiamo mai avuto e che avrebbe bisogno di istituzioni, presenti, robuste, radicate e consce dei vizi e delle virtù del territorio. Un’istituzione che governi in prossimità , capace di accompagnare il territorio, avendo un’idea e una visione di prospettiva , il coraggio, la forza e la potestà di dire no quando è necessario. Di usare il bastone del comando non solo per effimera convenienza.

Avremmo bisogno di un territorio capace con la sua politica e la sua amministrazione di area vasta di far fronte ai suoi bisogni e ai suoi desideri, dotato degli strumenti adeguati per poterlo fare, anche da solo. Penso sia chiaro e non voglio ripetermi di cosa avrebbe bisogno il Salento…

Lecce, 13 agosto 2015

Paolo Pagliaro
Ufficio di Presidenza Nazionale Forza Italia
Responsabile dipartimento regionalismo, federalismo e identità territoriali
Responsabile Cultura, turismo e comunicazione in Puglia