No alla fusione dei Comuni

19 Febbraio 2020 No alla fusione dei Comuni

Si parla di fusione dei Comuni con molta leggerezza senza tener conto di quello che realmente accade ai soggetti interessati nel momento in cui decidono di intraprendere e portare a termine questo percorso: i Comuni vengono cancellati insieme alla loro storia e alla loro identità.

Andiamo per gradi però: quali sono i vantaggi della fusione? Riduzione dei costi della politica, effetto della cancellazione di due o più enti a favore della nascita di uno che comunque sarebbe un ente artificiale senza anima, senza storia, senza radici ma altrettanto costoso, con la promessa di avere degli aiuti economici dallo Stato.
Qui però bisogna riflettere perché questi incentivi, possiamo anche chiamarli così, arriverebbero solo fino a copertura della cifra stanziata che potrebbe anche non essere più rifinanziata e questo è un limite molto preoccupante che non bisogna sottovalutare, perché più aumentano le fusioni più, in futuro, diminuiranno i fondi e dunque ci ritroveremo con carrozzoni senza identità ma molto più costosi.

Essere contrari a questo tipo di progetti non è questione di campanilismo come spesso si tenta di farla passare, pur essendo a mio parere un valore positivo, ma è un ragionamento serio sul futuro dei nostri centri, dei nostri comuni, che sono presidi di democrazia e archivi di storia e non deve essere certo un semplice calcolo ragionieristico, che altro non è che una promessa, a doverci indirizzare a prendere una decisione che provocherebbe un processo irreversibile.

Dunque, mettiamo da parte l’idea che vogliono propinarci, al di là di ogni studio di fattibilità che ha sempre le sue criticità, checché se ne dica, la fusione non è la panacea a tutti i mali e fermiamoci un attimo a pensare che l’omologazione e la grande globalizzazione hanno già fallito. L’unico stimolo per un futuro migliore può essere rappresentato dalle identità da salvaguardare e dall’amore per le proprie tradizioni e radici, la conservazione delle proprie peculiarità e differenze, dei propri culti, della propria fede e dei propri santi patroni.

E qui apriamo ad un’altra riflessione. In provincia di Lecce abbiamo assistito alla fusione di Acquarica e Presicce ed il risultato non è per nulla positivo se ci fermiamo ad ascoltare gli abitanti dei due ex comuni, ora località, e partiamo proprio dai santi patroni.
Sant’Andrea Apostolo patrono di Presicce e San Carlo Borromeo patrono di Acquarica sono festeggiati solo come rito religioso e dunque addio alle tradizioni, alle feste, ai riti civili ma c’è una nuova occasione però da festeggiare per il nuovo ente unito, si celebra Sant’Adelaide, il 16 dicembre, e sapete perché? Perché è il giorno in cui si è svolto il referendum ed è curioso tutto questo, e fa male pensare che dobbiamo anche inventarci una storia nuova, che dobbiamo estirpare usi, costumi, riti, tradizioni.
Pensiamo un po’ cosa potrebbe succedere in quei comuni di cui si parla in questi giorni che hanno dei riti religiosi a cui i cittadini sono devotissimi.

Non solo questo nel nuovo ente salentino Acquarica e Presicce; i tanto decantati vantaggi economici non vengono percepiti dai cittadini che sono chiamati sempre a pagare tasse importanti non in linea con quelle che erano le aspettative e poi quello che è accaduto ai plessi scolastici è alquanto singolare: tutti i ragazzi delle scuole degli ex paesi sono stati collocati in una sola struttura non adeguata. E possiamo continuare con il servizio di ritiro dei rifiuti che risulta più lento, sono tanti i disservizi negli uffici. Ufficio anagrafe bloccato, servizi postali in confusione, queste sono una parte delle criticità che abbiamo raccolto ascoltando i cittadini del nuovo ente.

Ci sembra più una mossa ideologica che non punta al benessere di nessuno ma soltanto al proprio perché vorrebbe accentrare sempre di più il potere nelle proprie mani.
Dopo la riforma truffa delle provincie di Delrio che ha fatto danni incalcolabili cerchiamo di riflettere sull’importanza dei Comuni, non cancelliamo, non smembriamoli perché sono le uniche e direi ultime Istituzioni vicine ai cittadini e ben radicate nel territorio.

Guardiamo oltre invece e pensiamo ad una riforma che permetta di azzerare tutti gli sprechi delle Regioni e di tutti gli enti inutili e si trovino le risorse per i Comuni che hanno bisogno di maggiori economie e di un supporto reale che non può essere rappresentato da un colpo di spugna chiamato fusione.
Infine, unifichiamo l’Unione dei Comuni con l’ARO e l’Ambito studiando anche un nuovo statuto e normando l’operazione in modo che tutto possa funzionare nel migliore modi ma non tocchiamo storia, identità, cultura e radici.
Riflettiamo e confrontiamoci, la verità non può essere decisa da una promessa di un presunto miglioramento economico.

Intervento pubblicato sul Quotidiano di Puglia il 19 febbraio 2020