Grande Salento: «Aperti al dialogo ma la soluzione è avere una propria cabina di regia»

3 Gennaio 2022 Grande Salento: «Aperti al dialogo ma la soluzione è avere una propria cabina di regia»

Ho letto con piacere l’articolo del 26 dicembre firmato da Lino De Matteis sulla rivista online ilGrandeSalento.it.

La sua è una penna sempre attenta alle vicende del nostro territorio.

Il direttore ha voluto sottolineare le differenze che ci sono tra l’idea di un riassetto istituzionale e territoriale che noi e la Società Geografica Italiana abbiamo portato avanti, e la loro idea di collaborazione tra territori. Allo stesso modo noi evidenziamo che, senza una cabina di regia ed un ente primario di prossimità, non si possono cambiare le sorti del Salento. Allo studio e alla stesura del Progetto di Riordino territoriale partecipò anche il rettore Pollice, come referente del Salento per la SGI.

A tal proposito è d’obbligo ricordare che, nel momento in cui si è parlato di questo nuovo protocollo d’intesa fra i tre sindaci di Lecce, Brindisi e Taranto e i presidenti delle rispettive tre Province, coinvolgendo anche il rettore di UniSalento Fabio Pollice, e del relativo masterplan, il MRS ha aperto immediatamente le porte alla collaborazione, perché crediamo che possa essere un’ottima base per saldare l’uniformità del territorio, perché possa esserci una maggiore sensibilizzazione anche sotto il profilo culturale, sull’omogeneità, l’integrazione, per la vicinanza delle tre province (purtroppo smembrate all’epoca del fascismo ma che sono sempre state un’entità amministrativa a sé stante), e dunque una buona base sulla quale ragionare per arrivare a quella che per noi è la soluzione.

Ovviamente fa bene De Matteis ad evidenziare le differenze per non fare confusione tra Grande Salento e Regione Salento.

La nostra infatti è la madre di tutte le battaglie del Movimento Regione Salento, noi non siamo “un protocollo” ma un movimento che già 21 anni fa con la prima fase nel 2000 con Salento Regione D’Europa trattava l’argomento e poi nel 2011 nacque il Movimento Regione Salento che ha una storia e un’idea chiara e ben precisa su quello che vuole essere e diventare: i salentini devono essere fabbri del loro destino.

Un altro particolare voglio sottolineare: se il progetto lo chiamano Terra d’Otranto ed è solo un protocollo d’intesa si cade in contraddizione perché proprio la Terra d’Otranto fu una entità amministrativa autonoma, prima regione del sud e poi circoscrizione amministrativa del Regno di Sicilia, poi del Regno di Napoli e poi del Regno delle due Sicilie e solo nel 1927 fu cancellata perché divenne parte del Regno d’Italia ma nacque la Provincia di Lecce, formata dai dipartimenti di Lecce, Brindisi, Taranto e Gallipoli e dunque l’entità amministrativa rimase invariata.

Tornando al discorso Grande Salento se andiamo a ritroso nel tempo, ci accorgiamo dei numerosi tentativi di mettere in atto questo progetto. Già nel 2007 nessun risultato ottenne il piano di raggruppare le tre Province, con i tre presidenti che di volta in volta si scontravano con una realtà amara: seppur ci fosse il loro impegno di chiedere qualcosa sui tavoli di Bari e di Roma ma anche in Europa, i finanziamenti venivano sempre stanziati per Bari e le logiche baricentriche avevano il sopravvento sui reali bisogni del territorio salentino relegato ad un ruolo di serie B.

Quindi, ribadendo che il primo progetto del Grande Salento è sepolto sotto un tappeto di tentativi falliti, senza polemica alcuna, crediamo che rispolverarlo ora, in una situazione sempre più precaria per le Province ormai delegittimate, sia pura utopia. Lo scrivo nel massimo rispetto di tutte le idee.

Per questo rilanciamo e diciamo che l’alternativa concreta per dare sviluppo al Salento – una realtà che unisce i territori di Lecce, Brindisi e Taranto ed è legittimata dalla storia, dalla geografia e dalla cultura – è la costituzione della Regione Salento. A questo territorio serve invece una cabina di regia autonoma, un ente primario che l’aiuti a crescere, che ne sostenga lo sviluppo. Al Salento serve il riconoscimento di Regione. È un progetto che viene da lontano e porta la firma dell’onorevole Codacci Pisanelli, e che sarebbe andato in porto se, durante i lavori della Costituente, non fosse stato boicottato da un accordo di potere tra Togliatti e Moro.

Le tre città capoluogo – Lecce, Brindisi e Taranto – contano un sesto della popolazione ma non hanno alcuna competenza su infrastrutture e progetti di sviluppo, mentre dovrebbero avere un ente di prossimità primario che sia in grado di gestire il territorio, e invece le infrastrutture regionali, disegnate altrove a tavolino, continuano a relegare il Salento a cenerentola dei trasporti e dei collegamenti, con un aeroporto di serie B, senza alta velocità, che si ferma a Bari, e senza una strada a quattro corsie che connetta Lecce a Taranto. Se fossimo Regione non resteremmo certo fuori oggi dall’alta velocità così come non saremmo rimasti fuori ieri dall’autostrada e da tantissime altre opportunità.

Senza contare l’ultima ingiustizia del prolificare delle città metropolitane che ha creato un’ulteriore discriminazione tra la provincia di Bari e le altre province.

Il Salento è una realtà omogenea che può rivendicare, a giusta ragione, la propria autonomia da una Puglia che è stata una scelta burocratica e che esiste solo come espressione geografica. La Regione Salento potrebbe essere l’undicesima regione su 21, con 1 milione e 800mila abitanti: questi sono numeri che vanno oltre a tutte le parole.

Le soluzioni sono tre. La prima è la via del referendum, oggi la più complicata, che poi è il percorso che avevamo iniziato ma purtroppo fummo tenuti fuori da una sentenza che ancora oggi i costituzionalisti ritengono assurda, per via della Legge ordinaria del 70 ritenuta superiore al dettame e dell’interpretazione dell’articolo 132 della costituzione riguardo il quorum e il territorio interessato al referendum ritenendolo non quello della regione che si vuole costituire bensì anche quello dell’intera regione dalla quale si vuole secedere.

La seconda è una riforma costituzionale parlamentare come quella che permise al Molise nel 1963 di diventare regione; la terza è il progetto della Società Geografica Italiana sul riordino territoriale, che prevede la cancellazione dell’attuale scacchiere diviso in regioni, province e città metropolitane, e la ricollocazione in 31 nuove regioni di dimensioni ottimali. Solo così si eliminerebbero sprechi e privilegi. Riordino territoriale, federalismo liberale e fiscale sono le vie per rendere davvero grande il Salento.

Quindi in conclusione voglio evidenziare che il masterplan Terra D’Otranto in questione è una cosa, il Grande Salento e altra cosa ed è ben diversa la Regione Salento Autonoma ancora con il Movimento Regione Salento che con le sue soluzioni si affaccia sul futuro di questa terra ed invece chi ha orecchi per ascoltare gioca a fare il sordo con un atteggiamento molte volte anche snobista, eppure ci sono rappresentanti istituzionali di tutti i livelli che credono nel nostro progetto, la gente è dalla nostra parte, ed è così che voglio terminare: perché non si riesce a collaborare per il bene del Salento? Noi siamo pronti, come sempre, e siamo aperti a tutti ed a tutto perché indipendentemente da ogni steccato ideologico, sogno il partito del Salento, formato da salentini che vogliono regalare un futuro a questa terra. Noi siamo un contenitore politico territoriale con le radici ben piantate per terra ed i rami puntati al cielo del futuro.

 

Il mio editoriale sul Grande Salento