Sanità malata, nel Salento si muore di liste d’attesa

31 Maggio 2022 Sanità malata, nel Salento si muore di liste d’attesa

Due anni di attesa per una colonscopia da eseguire in esenzione ticket per rischio familiarità (padre morto per tumore al colon) ma attesa che si riduce ad una sola settimana se l’esame viene eseguito intramoenia, pagando 202 euro. Questa denuncia – una delle decine che ricevo – è la fotografia di una sanità pubblica regionale malata, dove il diritto alle cure è garantito in tempi brevi solo a chi paga. Le liste d’attesa sono la cartina al tornasole di una disorganizzazione e di una carenza di personale croniche, soprattutto in Salento. Il cup dell’Asl di Lecce, ad esempio, scoppia: la gente è esasperata per la oggettiva impossibilità di prenotare una visita specialistica o un esame diagnostico. E quando si riesce finalmente a parlare con un operatore, l’amara scoperta sono tempi biblici, perfino per i pazienti oncologici. La pandemia ha aggravato una situazione già cronica, concentrando risorse umane e strumentali sull’emergenza covid e depauperando la sanità ospedaliera e soprattutto territoriale. Ecco perché il 45% degli accessi al pronto soccorso è inappropriato: sono codici bianchi e verdi, di cittadini esasperati che provano a trovare una scorciatoia per poter accedere ai servizi sanitari. L’ho denunciato a proposito del pronto soccorso del Vito Fazzi di Lecce, ma la situazione è identica al Perrino di Brindisi e al Santissima Annunziata di Taranto: ambulanze in coda per ore con i pazienti a bordo, sale d’attesa trasformate in corsie d’ospedale soprattutto per gli anziani che non trovano un posto letto, mancanza di privacy e caos generale con episodi di aggressioni agli operatori della sanità.
Le criticità partono già dal servizio di emergenza-urgenza. L’emorragia dei medici convenzionati con contratto a tempo determinato al servizio 118 è gravissima: uno su tre è passato alle Usca, dove si guadagna il doppio rispetto alla trincea delle ambulanze. Un “buco” che fa paura, soprattutto alle porte della stagione estiva con l’arrivo di massa dei turisti.
Il dg dell’Asl di Lecce, Rodolfo Rollo, ha replicato alle accuse di un paziente costretto ad attendere nove ore per una trasfusione programmata, che non si può gestire la sanità con l’organico del 2004. Siamo d’accordo, ma rafforzare il numero di medici, infermieri, tecnici e oss è questione di volontà politica. Ed è questa la priorità a cui l’assessore Rocco Palese dovrebbe rispondere. Nei quattro mesi del suo assessorato, nulla si è visto della sterzata che ci attendevamo. L’apparato andrebbe rivoltato come un calzino, dagli ospedali alle strutture territoriali, partendo dai bisogni più urgenti. La speranza è che la pioggia di nomine recenti nelle Asl salentine serva effettivamente a rimettere in piedi reparti, ambulatori, servizi diagnostici che sono andati alla deriva soprattutto nei due anni di pandemia.
Contenere la spesa non vuol dire tagliare indiscriminatamente ma fare scelte precise per individuare ed eliminare i tanti sprechi incrostati nelle pieghe dei bilanci. Ma non può essere il bilancino del droghiere lo strumento del decisore politico che ha il compito di assicurare servizi sanitari efficienti e dignitosi, innanzitutto a chi non può permettersi cure a pagamento.
I medici di medicina generale, quelli che una volta si chiamavano medici di famiglia con un’espressione meno asettica e senz’altro più fedele alla realtà del loro ruolo di cerniera fra i bisogni dei pazienti e l’apparato sanitario, sanno bene quanto sia profondo questo scollamento tra il bisogno di salute dei pazienti delle fasce più deboli, e l’offerta di servizi pubblici adeguati.
Di liste d’attesa, in Salento ma anche in Puglia, si può morire. Ricevo continue segnalazioni e appelli di gente disperata e indignata, soprattutto anziani e malati cronici ma anche persone disabili di ogni età. La loro discriminazione è una ferita che deve essere sanata.
Lecce, 31 maggio 2022